Passa ai contenuti principali

Acque minerali

mineral waters

Per essere certi di acquistare un'acqua dai reali effetti terapeutici è bene controllare che sull'etichetta appaia evidente la data dell'imbottigliamento, che non deve superare i due mesi.
Le virtù terapeutiche delle acque termali sono note da sempre, ma certamente i primi ad apprezzarle furono i Romani, che trasformarono addirittura le terme in luogo di ritrovo e svago, ove trascorrere parte della giornata e sfruttare al massimo le proprietà benefiche delle acque. Il consumo di acque minerali rimase per secoli limitato, sia perché esse venivano utilizzate a scopo puramente curativo, sia perché erano di difficile approvvigionamento e reperibili solo nelle stazioni di cura, le terme appunto. Le acque minerali sono acque di sorgente che, per particolari caratteristiche di composizione chimica, presentano determinate proprietà farmacologiche utilizzabili a scopo terapeutico. In relazione all'utilizzazione pratica, le acque minerali vengono distinte in acque da bagno e acque da tavola; le prime, di più stretto interesse medico, rappresentano le vere e proprie acque termali e, in funzione della temperatura, vengono classificate in acque fredde a temperatura minore di 20°C, acque ipotermali con temperatura compresa tra 20° - 30°C, termali con temperatura tra 30° - 40°C e ipertermali, come quelle delle terme di Abano e Agnano, con temperature superiori a 40°C. In seguito alla rivoluzione industriale e allo sviluppo della tecnologia, intorno alle stazioni termali sorsero numerosi impianti di imbottigliamento per lo sfruttamento delle sorgenti di acque termali a scopo commerciale. La produzione di acqua minerale ha rappresentato infatti un ottimo affare per l'industria alimentare che, disponendo di materia prima a basso costo, poco deperibile e di facile conservabilità, poteva realizzare un nuovo prodotto, con bassi costi di produzione e rese assai elevate. Per lanciare il nuovo prodotto e ampliarne il mercato, l'industria alimentare si trovò a organizzare una forte e capillare campagna pubblicitaria, volta ad esaltare le proprietà medicamentose e rivitalizzanti delle acque minerali destinandole a una vasta fascia di consumatori, dai bambini (per diluire il latte in polvere), fino agli anziani.
La valorizzazione industriale delle acque minerali, proposte per rimanere giovani, sani e belli, unitamente alla generale sfiducia e diffidenza rispetto alla reale salubrità delle acque della rete idrica pubblica, a volte sospette di inquinamento o contaminazione, hanno contribuito a incrementarne notevolmente il consumo.
Procedere ad una classificazione delle acque minerali non è semplice data la loro
varietà sia dal punto di vista della composizione chimica, in relazione alla diversa natura e quantità di sali disciolti, sia dal punto di vista farmacologico, poiché spesso coesistono più effetti terapeutici in uno stesso tipo. Nel nostro paese le acque minerali vengono classificate secondo un criterio chimico, in base al residuo fisso a 180°C, in: acque oligominerali con un residuo fisso a 180°C inferiore a g 0,2 per litro, acque mediominerali, con un residuo fisso a 180°C, compreso tra g 0,2 - 1 per litro, acque minerali, con un residuo fisso a 180°C superiore a g 1 per litro. In funzione della presenza di alcuni particolari sali, le acque minerali vengono ulteriormente suddivise in: acque salse, sulfuree, arsenicali e ferruginose, bicarbonate e solfate. Ciascun gruppo poi comprende diversi tipi caratterizzati dal prevalere di alcuni minerali, ad esempio acque salso-solfato-alcaline, salso-bromo-iodiche, salso-iodiche, solfato-alcaline, sulfuree, sulfuree-bicarbonate, sulfuree-salsobromoiodiche ecc. Sono acque oligo-minerali le acque minerali delle terme di Fiuggi, di Cornano, di Lurina; minerali sulfuree quelle delle fonti di Tivoli e Acireale; minerali bicarbonate quelle di Sangemini, Ferrarelle e S. Pellegrino.
Una classe a sé rappresentano le acque radioattive, con un residuo fisso generalmente compreso tra g 0,2 - 1 per litro, che per le particolari proprietà radioattive non possono essere incluse nelle acque medio-mine-rali; dotate anch'esse di azione terapeutica sono suddivise in funzione della intensità radiottiva in acque
debolmente radioattive (da 1 a 30 millimicrocurie), radioattive (da 30 a 150 millimicrocurie) e fortemente-radioattive (oltre 150 millimicrocurie). Dal punto di vista farmacologico, le acque minerali si possono distinguere in: diuretiche (oligo-minerali, alcaline; cloruro-sodiche), purgative (sulfuree), antiflogistiche (iodurate o salsoiodiche, sulfuree alcaline), ricostituenti (arsenicali e ferruginose).

La produzione e le norme igieniche - La maggior parte delle acque minerali si ricavano da sorgenti termali note da tempo, con una serie di operazioni tecniche (quali captazione, condizionamento, elevazione meccanica, approvvigionamento in vasca, decantazione) che, nel caso di un'acqua in cui il ferro non rappresenti il principale elemento terapeutico, non ne altera le qualità naturali minerali, e il conseguente imbottigliamento in contenitori di vetro o plastica. Nella fase di imbottigliamento si verifica a volte una perdita del gas naturalmente presente nell'acqua alla sorgente, che può essere reintegrato mediante aggiunta di anidride carbonica; in questo caso l'acqua minerale viene considerata naturale; quando l'addizione di anidride carbonica supera la quantità necessaria a ripristinare il tenore in gas dell'acqua, si produce un'acqua minerale gassata. La produzione e la commercializzazione di acque minerali da tavola richiedono l'autorizzazione da parte del Ministero della Sanità, che esamina i risultati dell'analisi batteriologica alla fonte e le analisi chimiche effettuate, che devono giustificare le virtù terapeutiche delle acque minerali. Un'acqua minerale alla sorgente non deve presentare flora microbica indice di contaminazione fecale né microrganismi patogeni; la carica batterica totale deve mantenersi intorno a poche decine di microrganismi per ml a 20°C, e deve essere assente a 37°C. L'analisi chimica deve inoltre confermare l'assenza di inquinamento (presenza di nitrati e nitriti, ammoniaca, consumo elevato di ossigeno ecc.) e di contaminazioni (dosaggio dei metalli pesanti ecc.). Se è vero che generalmente il contenuto microbico delle acque minerali alla fonte è limitato, costituito essenzialmente da batteri acquicoli (pseudomonas, xantomonas), è anche vero che, durante le fasi di lavorazione, in seguito al mancato rispetto delle norme igienico-sanitarie nell'impianto di imbottigliamento, altri microrganismi, provenienti dalle acque di risciacquo dei contenitori, dal pulviscolo atmosferico, dai serbatoi e dalle condotte, possono contaminare le acque. In genere, la maggior parte della flora batterica scompare per autodepurazione dopo un certo periodo di conservazione, ma alcune forme microbiche, come per l'appunto i batteri acquicoli, possono svilupparsi lentamente e abbondantemente anche in un mezzo così povero di nutrienti come l'acqua, sfruttandone il pur limitato tenore salino! Un lungo periodo di conservazione può dunque alterare le proprietà terapeutiche delle acque minerali, legate alla presenza di quei sali che rappresentano il substrato per lo sviluppo della flora acquicola. La carica batterica in un'acqua minerale naturale in bottiglia, non dovrebbe superare, per non comprometterne la qualità, i 10.000 microrganismi in litro per 20°C.
L'industria alimentare per fare fronte alle esigenze del mercato e incrementare la produzione di acque minerali si è orientata verso lo sfruttamento di sorgenti con acque di qualità inferiore a quelle già utilizzate, o con caratteri organolettici scadenti (odori sgradevoli) o con elevate cariche batteriche. L'impiego di tali fonti comporta da una parte la necessità di addizionare anidride carbonica per mascherare difetti organolettici e dall'altra il rischio di consumare un prodotto a elevata carica batterica, di scarso valore nutrizionale, e di contrarre tossinfezioni per la presenza di qualche forma patogena. Sotto questo aspetto purtroppo non si può certo affermare che le acque minerali diano maggior garanzia di salubrità delle acque potabili comunali.

Commenti

  1. A casa ho preferito far installare un depuratore dato che l'acqua che arrivava dal rubinetto aveva un sapore troppo forte, non so se contenesse sostanze nocive.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Tempi di digestione

  Quanto tempo ci vuole per digerire ? Questa tabella riassume la durata media di permanenza degli alimenti nello stomaco una volta ingeriti.

Dado vegetale ed estratto di carne

Dadi ed estratti di carne sono prodotti di scarso valore alimentare che hanno il solo scopo di ravvivare il sapore delle vivande. L'idea di utilizzare gli estratti di carne venne al chimico belga Justus Von Liebig nel secolo scorso, che ritenne in tal modo di risolvere il problema della conservazione del brodo, concentrando i principi nutritivi contenuti nella carne. Lo sviluppo industriale che si ebbe in seguito alla scoperta di Liebig fu anche favorito dalla grande disponibilità di carne dell'Argentina e dai problemi connessi agli scambi e al trasporto delle carni. Gli stabilimenti per la preparazione degli estratti di carne sorsero nell'America Meridionale dove la carne utilizzata per la trasformazione aveva un prezzo bassissimo dato che la maggior parte dei bovini veniva impiegata quasi esclusivamente per ricavarne pellame. Col tempo la situazione si è modificata, in seguito alla rapidità dei trasporti e allo sviluppo dei moderni mezzi di conservazione, per refri

Gli ortaggi a infiorescenza

I più diffusi sono i cavoli, ricchi di vitamina C e disponibili in numerosissime varietà. Di questi vegetali si consumano le infiorescenze, ossia i fiori che disposti in modo caratteristico su un fusto di solito corto e grosso hanno per lo più forma di sfere di dimensioni anche assai diverse; di alcuni si utiliz­zano sia le infiorescenze sia le foglie, di altri (come al­cuni tipi di cavolo) solo le foglie. Tipici ortaggi di questo gruppo sono i cavolfiori, i cavolini di Bruxelles, i carciofi, le cime di rapa. Gli ortaggi a infiorescenza sono consumabili cotti o cru­di in insalata a seconda della varietà e della tenerezza. Si coltivano in tutta Italia, ma soprattutto nelle regio­ni meridionali e nelle isole. Vengono raccolti durante l'inverno e la primavera. Sono tra gli ortaggi più ricchi di