Passa ai contenuti principali

I prodotti dolciari già pronti

merendine

Solo un loro consumo razionale ed occasionale è compatibile con una corretta alimentazione.
Le origini dell'arte dolciaria si perdono nella notte dei tempi: fin dalla sua comparsa sulla terra infatti l'uomo cercò di soddisfare l'istintivo bisogno di alimenti dolci, ricorrendo a bacche selvatiche e soprattutto al miele. 
I suoi gusti in seguito si raffinarono e dalla fabbricazione del pane condito con miele, fichi, datteri e noci nacque la prima produzione di dolci veri e propri tanto apprezzati nell'antica Roma da meritare l'appellativo di "cibo degli dei"!
Inizialmente però la rarità dei prodotti naturali ad elevata concentrazione zuccherina li rendeva troppo preziosi per essere introdotti quotidianamente nella razione alimentare; fu così che nell'antichità il consumo di alimenti dolci, limitato a pochi, rappresentava una forma di affermazione sociale, uno "status symbol" delle classi ricche.
La possibilità di soddisfare il desiderio di alimenti dolci divenne una realtà, per quasi tutti gli strati sociali, in seguito all'introduzione della canna da zucchero da parte degli Arabi e, più tardi, alla lavorazione della barbabietola da zucchero, che resero disponibili notevoli quantità di zucchero per soddisfare il fabbisogno mondiale. Circa i due terzi dello zucchero oggi prodotto vengono utilizzati dall'industria alimentare, per la produzione di prodotti dolciari e bevande dolcificate che raggiungono le nostre tavole pronti per il consumo.

Valore nutritivo - La varietà di prodotti dolciari già pronti reperibili sul mercato, che la produzione industriale rende disponibili a prezzi accessibili, associata alla naturale predisposizione dell'uomo per il gusto dolce, ha determinato un notevole incremento nel consumo di dolci negli ultimi decenni.
Un errore diffuso è quello di
considerare i dolci come un mero riempitivo del pasto, una gradevole appendice, senza che ne venga valutato il reale valore nutritivo, quasi non fossero alimenti. Questa concezione superficiale e la indiscussa appetibilità di tali prodotti ne ha determinato consumi eccessivi e irrazionali a cui è associato il manifestarsi di quelle malattie tipiche delle società opulente, come obesità, aterosclerosi, diabete, infarto eccetera.
Non è necessario tuttavia bandirli dalla dieta; basterebbe consumarli in modo più razionale, tenendo conto del proprio fabbisogno calorico e in principi nutritivi e conoscendo la loro composizione chimica. Non tutti i prodotti dolciari contengono le cosiddette "calorie vuote", ossia quelle fornite dagli alimenti essenzialmente zuccherini (caramelle, confetti); essi apportano sì discrete quantità di zuccheri sotto forma di saccarosio, glucosio o fruttosio, ma contengono anche proteine vegetali e animali, provenienti dal latte o dalle uova, oltre a significative quantità di lipidi, rappresentati da grassi animali o vegetali, più o meno insaturi. Ad esempio, una porzione media (circa 80 grammi) di un prodotto dolciario come panettone, crostata, brioche, crème caramel, torta margherita, apporta circa 250 Kcal, una quantità di proteine pari all'8% del suo peso e il 30% circa di lipidi, oltre naturalmente agli zuccheri presenti.
Non è l'alimento in sè da criticare quindi, ma le errate abitudini alimentari, le diete squilibrate; il dolce, che oltre alla sua particolare appetibilità ha ancora una funzione psicologica legata alla soddisfazione di un piacere (quello della tavola), consente di variare il menù, può spesso risolvere problemi di inappetenza e di rifiuto psichico del cibo, fenomeno frequente nell'infanzia, nonché rendere più gratificante la dieta di pazienti costretti a prolungate limitazioni dietetiche per motivi terapeutici, sempre che le calorie da essi assunte vengano considerate nel computo calorico globale.
I prodotti dolciari già pronti più importanti e diffusi sono i prodotti da forno, che comprendono biscotti, brioches, fette biscottate, paste lievitate (ossia panettoni, pandori, veneziane, meringhe) e prodotti a base di zucchero come caramelle e chewing-gum, confetti, gelati, creme, dessert ed altri prodotti con denominazioni di fantasia. La composizione dei prodotti dolciari è molto variabile: basta pensare alla vasta gamma di merendine, caramelle, torroni, biscotti, creme per capire come sia difficile definire dei caratteri distintivi per ogni prodotto.

Tecnologia di produzione - La tecnologia di produzione differisce per ogni tipo di prodotto, ma in generale i vari ingredienti (farine, fecole, lipidi di vario genere, latte, panna, uova, cacao, cioccolato, frutta secca, candita o a volte fresca, caffè, liquori, aromi, coloranti ed altri additivi) vengono mescolati insieme a diverse quantità di zucchero per dare impasti solidi, semisolidi, cremosi o liquidi. La diversa struttura dei dolci dipende non solo dalle proporzioni dei vari ingredienti, che ne determinano il valore nutritivo e le caratteristiche organolettiche ma anche dalla viscosità della miscela ottenuta, dal tipo di lievito eventualmente utilizzato, dalla durata del mescolamento e dal tipo di cottura. La viscosità dell'impasto è legata alla concentrazione di determinati ingredienti, alla temperatura di cottura e alla presenza di agenti emulsionanti, come la lecitina del tuorlo d'uovo. Lo zucchero, ad esempio, favorisce la distribuzione delle sostanze grasse nell'impasto poiché esse vengono assorbite alla superficie dei cristalli di zucchero; l'albume d'uovo conferisce maggior volume all'impasto per il contenuto in ovalbumina, proteina capace di trattenere aria sotto forma di bollicine circondate da un film proteico.
In base al tipo di lievito utilizzato si distinguono diversi tipi di impasti: a lievitazione biologica, ottenuta con lievito acido (panettone) o con lievito misto (pandoro); a lievitazione chimica, ottenuta con l'impiego di due sali, uno basico (bicarbonato di sodio) ed uno acido (come acido tartarico, fosfato monocalcico o solfato di sodio); a lievitazione fisica, ottenuta per inglobamento d'aria durante l'impastamento, aria che, espandendosi durante la cottura, determinerà poi l'aumento di volume del prodotto (meringhe) . Anche la pasta sfoglia è un prodotto a lievitazione fisica: l'aria introdotta nell'impasto si inserisce tra i vari strati di pasta e grasso e, dilatandosi per effetto del calore, allontana i diversi "fogli" di pasta dando luogo al prodotto dolciario da forno di minor peso specifico esistente.
Il tempo e le modalità di mescolamento, oltre al periodo di riposo precedente alla cottura, influenzano la struttura del prodotto finito. La cottura viene effettuata in forno, ma a volte riguarda solo alcuni componenti, ai quali sono poi aggiunti altri ingredienti crudi; la temperatura di cottura varia con il tipo di impasto e con il tenore in acqua: i prodotti di pasticceria a pasta morbida, tipo pan di Spagna, non devono raggiungere temperature interne superiori a 100°C, per limitare l'evaporazione di acqua e mantenere la struttura spugnosa; i prodotti secchi a consistenza dura (biscotti secchi) devono raggiungere temperature superiori a 100°C per favorire l'evaporazione di gran parte dell'acqua presente nell'impasto ed ottenere un prodotto piuttosto disidratato.

Creme e dessert - Questi prodotti sono definiti semiconserve perché si conservano per un periodo limitato di tempo, poiché hanno subito solo un trattamento di pastorizzazione ma contengono ancora una certa flora microbica per cui, se non vengono conservati a temperature di frigorifero, deperiscono rapidamente in seguito all'azione microbica che ne altera anche le caratteristiche organolettiche. Alcuni tipi di creme vengono commercializzate in confezioni tetrapack, analoghe a quelle utilizzate per il latte; sono piuttosto fluide e costituite essenzialmente da latte, uova e, a volte, cacao. Esiste una vasta gamma di creme spalmabili al cioccolato, confezionate in recipienti di vetro, che riscuotono molto successo specialmente tra i bambini: si tratta di prodotti molto cremosi, ricchi di zucchero (in alcuni raggiunge il 50% del peso totale del
prodotto), farina, uova, cacao, latte, nocciole, e con una lunga serie di additivi, emulsionanti e conservanti. Questi prodotti, anche se pastorizzati, non necessitano di conservazione in frigorifero poiché l'elevato tenore zuccherino ostacola lo sviluppo microbico. Il consumo di queste creme dovrebbe tuttavia essere limitato per via dell'azione cariogena del saccarosio contenuto in quantità assai elevate. I dessert invece sono dei prodotti dolciari essenzialmente a base di latte gelificato, con aggiunta di addensanti o coagulato per azione dei batteri lattici, come per la produzione di yoghurt, addizionato di frutta di bosco, agrumi ed in seguito pastorizzato. A differenza degli yoghurt sono quindi privi di batteri lattici vivi e pertanto non possiedono alcun benefico effetto regolatore della funzionalità intestinale; purtroppo sono commercializzati in confezioni assai simili a quelle degli yoghurt, il che induce spesso ad errori nell'acquisto, se non si presta attenzione alla denominazione "dessert".
Se è vero che tutti questi prodotti sono nutrienti, nel senso che apportano notevoli quantità di zuccheri e grassi, è anche vero che le materie prime non sono spesso quelle migliori dal punto di vista nutritivo, che si tratta di prodotti molto additivati ed infine che sono alimenti sbilanciati in termini di apporto di nutrienti e che, per il senso di sazietà che inducono, sottraggono spesso alla razione alimentare altri alimenti la cui presenza assicura invece un'assunzione equilibrata di sostanze nutritive.

Commenti

Post popolari in questo blog

Tempi di digestione

  Quanto tempo ci vuole per digerire ? Questa tabella riassume la durata media di permanenza degli alimenti nello stomaco una volta ingeriti.

Dado vegetale ed estratto di carne

Dadi ed estratti di carne sono prodotti di scarso valore alimentare che hanno il solo scopo di ravvivare il sapore delle vivande. L'idea di utilizzare gli estratti di carne venne al chimico belga Justus Von Liebig nel secolo scorso, che ritenne in tal modo di risolvere il problema della conservazione del brodo, concentrando i principi nutritivi contenuti nella carne. Lo sviluppo industriale che si ebbe in seguito alla scoperta di Liebig fu anche favorito dalla grande disponibilità di carne dell'Argentina e dai problemi connessi agli scambi e al trasporto delle carni. Gli stabilimenti per la preparazione degli estratti di carne sorsero nell'America Meridionale dove la carne utilizzata per la trasformazione aveva un prezzo bassissimo dato che la maggior parte dei bovini veniva impiegata quasi esclusivamente per ricavarne pellame. Col tempo la situazione si è modificata, in seguito alla rapidità dei trasporti e allo sviluppo dei moderni mezzi di conservazione, per refri

Gli ortaggi a infiorescenza

I più diffusi sono i cavoli, ricchi di vitamina C e disponibili in numerosissime varietà. Di questi vegetali si consumano le infiorescenze, ossia i fiori che disposti in modo caratteristico su un fusto di solito corto e grosso hanno per lo più forma di sfere di dimensioni anche assai diverse; di alcuni si utiliz­zano sia le infiorescenze sia le foglie, di altri (come al­cuni tipi di cavolo) solo le foglie. Tipici ortaggi di questo gruppo sono i cavolfiori, i cavolini di Bruxelles, i carciofi, le cime di rapa. Gli ortaggi a infiorescenza sono consumabili cotti o cru­di in insalata a seconda della varietà e della tenerezza. Si coltivano in tutta Italia, ma soprattutto nelle regio­ni meridionali e nelle isole. Vengono raccolti durante l'inverno e la primavera. Sono tra gli ortaggi più ricchi di