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Le misteriose vie dell'appetito

anoressia

La sensazione della fame è regolata da un complesso sistema neuroendocrino.
I centri della fame - Perché abbiamo fame? La domanda sembra assurda giacché tutti abbiamo fame e mangiamo come se la cosa fosse talmente semplice da non meritare alcuna attenzione. Invece il problema della nostra fame è talmente complesso che ha fatto lavorare neurofisiologi di tutto il mondo e, ciò malgrado, la soluzione completa non è ancora stata trovata. Anzitutto, per fame si intende una sensazione dolorosa, caratterizzata da crampi (i cosiddetti "morsi da fame"), cefalea, nausea. Il meccanismo responsabile di queste manifestazioni sembra essere di tipo neuroendocrino ed è particolarmente legato alla presenza del glucosio (e, quindi, conseguentemente, all'insulina). Esisterebbe un meccanismo glicostatico della fame, legato alla capacità delle cellule del nostro organismo di utilizzare glucosio.
La capacità di usare glucosio da parte del nostro organismo viene valutata utilizzando la differenza arterovenosa in glucosio. Valori arterovenosi inferiori a 15 milligrammi per 100 centimetri cubici (prova di scarsa utilizzazione del glucosio) si assocerebbero a sensazioni di fame, mentre valori superiori dimostrano l'esistenza, di un apporto calorico sufficiente e quindi assenza di fame.

La funzione del cervello - Questo tipo di comportamento è possibile per la presenza, a livello del cervello, di apposite cellule dotate di recettori per il glucosio (glicorecettori) che consentono di valutare immediatamente la quantità di glucosio presente nel sangue.
In una porzione del nostro cervello, infatti, denominata ipotalamo (parte del diencefalo che costituisce il pavimento e una parte del ventricolo laterale), esistono centri che controllano, in pratica, tutti i nostri bisogni alimentari: i centri della fame (feeding areas) e il centro della sazietà (satiety area). I primi sono situati nelle zone laterali dell'ipotalamo, mentre il centro della sazietà è posto nella zona ventromediale ipotalamica.
Utilizzando tecniche di registrazione elettrofisiologiche si è potuto rilevare che l'aumento del contenuto del glucosio nel sangue provoca l'attività del centro della sazietà, che inibisce, di conseguenza, il senso della fame e il bisogno di introdurre nuovo cibo. La prova sperimentale di questa ipotesi è data da vari fatti:
1) l'aumento del glucosio ematico si associa a una serie di scariche elettriche dal centro della sazietà, che dimostra la sua attivazione quando si è raggiunto un certo livello di questo zucchero nel sangue;
2) somministrando lentamente per via endovenosa una soluzione di glucagone (ormone secreto dalle cellule alfa delle isole di Langerhans del pancreas), si eliminano le contrazioni gastriche e la sensazione di fame;
3) nell'animale nutrito si ha un maggior consumo di ossigeno e di glucosio a livello del centro della sazietà, in confronto a quanto si osserva nell'animale iponutrito.
Stimolando elettricamente i centri della sazietà, si osserva il rifiuto del cibo, anche dopo un prolungato periodo di digiuno. Ugualmente, la stimolazione elettrica dei centri della fame provoca il bisogno di iperalimentarsi, anche in presenza di un'alimentazione del tutto normale.
Anche altri centri nervosi controllano le nostre esigenze alimentari: così, negli animali sperimentali si è potuto osservare che le amigdale (lobuli del cervelletto la cui faccia superiore è associata al centro midollare del cervelletto mediante il peduncolo dell'amigdala) e i lobi frontali esercitano un'azione inibitrice: la loro distruzione provoca la comparsa di una fame eccessiva (iperfagia).

L'appetito - Diversamente dalla fame, è una sensazione piacevole, che si manifesta a intervalli regolari della giornata, e presenta un condizionamento legato soprattutto ai costumi e alle varie abitudini. Nella sua comparsa entrerebbero in gioco soprattutto fattori localizzati alla faringe e all'esofago. Anche fattori gastrici (secrezione dell'acido cloridrico) provocano un sensibile aumento dell'appetito così come l'aumento del tono della muscolatura gastrica genera una sensazione di benessere favorevole all'incremento dell'appetito stesso.
La comparsa di stati d'ansia, angoscia, preoccupazione, riduce drasticamente il tono della muscolatura gastrica e diminuisce in maniera molto netta il senso dell'appetito.
L'importanza dei meccanismi ormonali nel controllo dei processi alimentari organici è dimostrata anche dalla constatazione di un aumento del contenuto plasmatico in ormone della crescita (GH) nei bambini sotto alimentati o colpiti da malattie legate a un insufficiente apporto proteico. La somministrazione di proteine causa una riduzione del contenuto plasmatico in ormone della crescita.
Anche per la sete il problema è tuttora aperto: la sensazione di avere bisogno di bere viene attualmente spiegata in base a tre teorie. Secondo la prima teoria, la sete sarebbe semplicemente legata a una sensazione localizzata a livello della mucosa faringea; il seccarsi di tale mucosa sarebbe provocato da una riduzione della secrezione salivare, connessa, a sua volta, a una diminuzione del contenuto in acqua dell'organismo. Come prova sperimentale di questa ipotesi, viene portata l'osservazione che la somministrazione di atropina (inibitrice della secrezione salivare) provoca un senso marcato di sete. Secondo un'altra teoria, la sete sarebbe invece connessa a una modificazione della composizione del sangue con aumento della pressione osmotica. Anche in questo caso, come per la fame, entrerebbe in gioco l'ipotalamo in cui sarebbero localizzati degli "osmorecettori" in grado di avvertire queste variazioni e intervenire facendo aumentare la produzione di ormone antidiuretico (riducendo così la perdita e l'eliminazione di acqua da parte dell'organismo) e l'assunzione di acqua nell'organismo. La terza teoria postula invece la disidratazione della cellula come elemento scatenante il senso della sete. Tale ipotesi sarebbe confermata da un fatto sperimentale: disidratando animali eliminando gli elettroliti (NaCl, cloruro di sodio) senza togliere acqua, non si registra la comparsa della sensazione di sete, per quanto la mucosa della bocca risulti completamente secca.

L'anoressia
Viene definita anoressia la diminuzione o addirittura la scomparsa completa dell'appetito. Talvolta, poi, oltre alla scomparsa dell'appetito, si ha anche l'insorgenza di sensazioni di nausea e vomito alla vista di determinati cibi.
Le cause capaci di provocare l'anoressia sono assai numerose, sia di tipo psichico sia organico. Tra le cause più frequenti abbiamo:
1) lesioni dell'apparato digestivo, tumori dello stomaco, iper o iposecrezione gastrica (cioè diminuita produzione dei succhi gastrici), anemie, malattie del sangue, malattie del fegato;
2) anoressia si può avere anche in conseguenza di prolungati regimi dietetici, in cui entrano in gioco complessi meccanismi endocrini e metabolici;
3) anche le intossicazioni di tipo cronico (eccesso di fumo, alcolismo, tossicodipendenza) incidono pesantemente sul senso dell'appetito, provocando a volte delle anoressie totali;
4) tutti i fattori che influenzano la corteccia cerebrale possono indurre anoressia: stanchezza, eccessiva tensione psichica, noia, sono in grado di esercitare una marcata influenza sul nostro appetito;
5) sono fattori anoressizzanti le malattie che colpiscono direttamente il nostro cervello: tumori, infiammazioni, forme depressive, vere e proprie psicosi.

Anoressia nel bambino - Anche in campo pediatrico figurano vari tipi di anoressia che vanno dalla semplice riduzione dell'appetito al rifiuto completo di qualsiasi tipo di cibo. È bene ricordare che un neonato, per esempio, non può sopravvivere a una perdita equivalente a un terzo del suo peso corporeo. Nel campo pediatrico, una certa difficoltà è costituita dai genitori stessi, che sono subito pronti a considerare il figlio gravemente anoressico soltanto perché rifiuta qualche pasto o "fa i capricci" quando deve mangiare. È quindi necessario, prima di stabilire l'esistenza di un'anoressia, controllare esattamente il peso, le condizioni generali, tracciare una precisa storia del bambino (anamnesi) così da potere rilevare l'esistenza di cause precisamente responsabili. L'anoressia nel bambino (non diversamente da quella dell'adulto) può essere legata alla presenza di veri stati morbosi o puramente di origine nervosa. Si deve sempre anche considerare l'eventualità di una "falsa anoressia", causata da difficoltà nella suzione o nell'assunzione del cibo (labbro leporino, palatoschisi, ossia presenza di una fessura nel palato): in questo caso l'impedimento è puramente meccanico e, dopo l'intervento chirurgico, la nutrizione ritorna del tutto normale.
Anoressie che si manifestano in bambini che hanno sempre mangiato normalmente e il cui peso corrisponde all'età devono fare pensare all'esistenza di qualche malattia infettiva, ad andamento acuto, locale o generalizzata (per esempio, otiti, rinofaringiti, bronchiti, broncopolmoniti, infezioni delle vie urinarie). La pertosse spesso provoca anoressia soprattutto perché il bambino teme che l'assunzione del cibo provochi l'accesso.
Sia una iper che una ipovitaminosi possono essere ugualmente causa di anoressia: così, una carenza di vitamine A, B1, C, D può associarsi a mancanza d'appetito. Lo stesso risultato può osservarsi nel caso di una somministrazione eccessiva di vitamina D. Un allattamento materno o un'alimentazione lattea
eccessivamente prolungata possono ugualmente provocare difficoltà nutritive nel bambino. In questi bambini, infatti, il periodo del divezzamento si presenta particolarmente difficile e i bambini possono divenire anoressici sino a quando raggiungono un completo adattamento alimentare. L'anoressia si accompagna spesso alla presenza, nel bambino, di disturbi digestivi, alterazioni del fegato, tonsilliti croniche, presenza di vegetazioni adenoidee.

Anoressia mentale - È l'anoressia in cui non esiste alcuna causa organica (malattie, lesioni, errori dietetici ecc.) ed è associata soltanto a disturbi psicologici. La causa di questo tipo di anoressia è soprattutto associata a un errato rapporto con i genitori. Gli errori dei genitori, da questo punto di vista, presentano una larga casistica. Vi rientrano, così, quei genitori che insistono eccessivamente sul fatto che il bambino deve assolutamente mangiare i cibi preparati, che utilizzano continuamente l'arma del premio e del castigo oppure vogliono imporre un'osservazione troppo rigida dell'orario dei pasti. Solitamente l'anoressia si osserva nei figli unici o nel sesso femminile. Spesso si accompagna anche ad altri sintomi che rivelano l'esistenza di una personalità neurolabile: insonnia, crisi di collera, singhiozzi, tic. Anche le mamme dei figli anoressici presentano determinate caratteristiche psicologiche: generalmente sono autoritarie ed emotivamente instabili. Il bambino viene così a sviluppare, nei riguardi dell'ambiente familiare, un vero e proprio "complesso di difesa" che lo porta a rifiutare il cibo, facendosene così un'arma con cui "ricattare" i genitori.
Anche ambienti familiari con particolari problemi affettivi possono agire negativamente sul bambino che rifiuta il cibo, simbolicamente, per rifiutare la vita stessa. Nell'adulto l'anoressia mentale colpisce in prevalenza il sesso femminile. La causa è esclusivamente psicogena. Sono presenti forti tensioni conflittuali nei riguardi dell'ambiente in cui l'ammalato vive. Il rifiuto al cibo diviene l'equivalente simbolico del rifiuto alla vita.

Terapia - Nell'anoressia infantile su base organica bisogna eliminare tutte le malattie presenti. Se esiste iper o ipovitaminosi si dovrà modificare l'assunzione delle vitamine. Nei casi di anemia si procederà alla somministrazione di ferro. Durante il periodo del divezzamento occorrerà eventualmente sospendere per qualche giorno la somministrazione dei nuovi alimenti, riprendendola quando il bambino sarà disposto ad accettarli. Necessario controllare sempre l'evacuazione intestinale. Nei bambini sani bisognerà eliminare le eccessive premure familiari e non si dovrà dare troppo peso ai suoi rifiuti. Si può giungere anche alla cosiddetta "cura della fame", dando soltanto succhi di frutta o tè dolcificato per ore.
Uno schema di alimentazione potrebbe prevedere la somministrazione di tè al mattino e, dopo circa 4 ore, il pasto principale. Nei casi estremi si dovrà ricorrere all'alimentazione con la sonda. Indispensabile la psicoterapia e l'allontanamento, durante i pasti, dei genitori.
Nell'adulto la terapia, oltre ai trattamenti farmacologici, si basa soprattutto sulla psicoterapia.

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