Sono prodotti molto economici ma di valore alimentare inferiore a quello dell'olio e del burro.
Il consumo di margarina nel mondo si aggira intorno ai 6 milioni di tonnellate all'anno, quantità assai cospicua, specialmente se si considera che un secolo e mezzo fa questo prodotto non esisteva neppure. La sua creazione risale infatti al 1866 e fu essenzialmente ispirata dalla necessità di risolvere il problema della carenza di fonti lipidiche di orìgine animale, come il burro, la cui produzione era insufficiente a soddisfare il fabbisogno crescente di grassi alimentari. Inizialmente la margarina fu commercializzata come succedaneo del burro, cui tra l'altro somigliava anche per quanto riguardava la composizione chimica: era infatti una emulsione di acqua in grassi, in cui la fase acquosa era rappresentata da latte scremato e la fase lipidica era costituita da sego; se osservata al microscopio si presentava come una miscela di perline bianche e per questo fu chiamata "margarina", termine che deriva dal vocabolo greco margaron, che significa appunto perla. In seguito fu prodotta anche con altri grassi animali: grasso di balena, olio di acciuga, di sardina e con olii vegetali. Attualmente l'industria alimentare è orientata verso la produzione di margarine
vegetali, ottenute utilizzando olii estratti da semi o frutti oleosi come l'olio di arachide, l'olio di soia, di mais, di cocco, di palma; per la margarina di uso industriale si utilizzano olii vegetali misti a grassi animali. La margarina, sostenuta da un'ampia campagna pubblicitaria, che la propone come un alimento dalle particolari caratteristiche (privo di colesterolo in quanto di origine vegetale, più ricco di acidi insaturi rispetto al burro perché ottenuto da olii vegetali, di pronta utilizzazione, facile da spalmare e di costo inferiore al burro) si è affermata soprattutto all'estero (Olanda, Germania, Belgio, Inghilterra), ma nel nostro paese il suo consumo è tuttora piuttosto limitato.
Tecnologia di produzione - La moderna tecnologia è essenzialmente diretta alla trasformazione di alcune sostanze oleose in sostanze grasse di solida consistenza come appunto la margarina, per due diverse ragioni. Innanzitutto i grassi di consistenza solida risultano graditi al consumatore per la praticità d'impiego: possono essere spalmati sul pane e facilmente tagliati a fette o in pezzi e valutati come peso o volume nella preparazione delle pietanze. Inoltre, per la loro particolare consistenza, possono essere confezionati in involucri di carta impermeabile o metallizzata con stagnola, mentre gli olii richiedono contenitori a tenuta, in vetro o in metallo, assai costosi per l'industria e scomodi da trasportare.
L'operazione fondamentale della produzione di margarina consiste nell'idrogenazione o "indurimento" degli olii, ossia nella trasformazione degli acidi grassi insaturi e polinsaturi presenti, in acidi grassi saturi che conferiscono al prodotto un più elevato punto di fusione e di conseguenza una consistenza solida alle temperature di frigorifero. Tale processo migliora tra l'altro la conservabilità degli olii, in quanto ne riduce il contenuto in acidi grassi insaturi, componenti facilmente soggetti ad ossidazione da parte della luce o dell'ossigeno dell'aria. L'idrogenazione si realizza trattando l'olio da indurire a temperature elevate (110°-190°C) con idrogeno gassoso a pressione inferiore a 10kg/cm2, in presenza di un 1 catalizzatore che può essere di platino, palladio o nichel (preferito per motivi di ordine economico); l'idrogeno satura i doppi legami caratteristici degli acidi grassi insaturi e li trasforma in acidi grassi saturi. Come si è accennato a proposito degli olii di semi, il processo di idrogenazione può essere selettivo o non selettivo. Nel primo caso si verifica saturazione preferenziale di alcuni acidi grassi polinsaturi presenti negli olii di semi, nel secondo invece la saturazione si estende indifferentemente a tutti gli acidi grassi insaturi presenti; in relazione al tipo di idrogenazione effettuato si distinguono diversi tipi di margarine. Completata l'idrogenazione, il processo di produzione della margarina prevede la miscelazione della fase acquosa rappresentata da acqua addizionata di sostanze idrosolubili (conservanti antimierobici) con la fase lipidica, rappresentata dagli olii idrogenati e dalle sostanze liposulibili (conservanti, antiossidanti, agenti emulsionanti). Il processo di miscelazione si realizza in zangole, con energica agitazione per favorire la dispersione uniforme della fase acquosa in quella oleosa, sotto forma di minuscole goccioline. L'emulsione ottenuta deve essere repentinamente raffreddata a -25°C per evitare la nuova separazione delle due fasi e introdotta poi in un cristallizzatore raffreddato dove il prodotto assume consistenza solida e struttura plastica. Il processo in continuo è molto rapido: non richiede più di 5 minuti. La lavorazione del prodotto deve essere effettuata in ambiente sterile al fine di evitare l'inquinamento del prodotto con microrganismi (muffe) che attecchirebbero facilmente data la notevole percentuale di umidità del prodotto; in ogni caso per garantire una migliore conservabilità è consentita l'aggiunta di conservanti (sale o antimicrobici) nelle dosi previste dalla legge.
Caratteristiche merceologiche - Con il termine margarina vengono indicati tutti i prodotti ottenuti per miscelazione di una fase acquosa con grassi alimentari di origine vegetale o animale (destinati ad uso industriale) diversi dal burro o dai grassi suini. La margarina per legge deve presentare un contenuto in grassi non inferiore all'84%; acidità massima, espressa come acido oleico non superiore all'1% e un contenuto in acqua compreso tra il 2% e il 16%. Le margarine devono contenere il 5% di olio di sesamo rispetto al grasso presente, quantità che tuttavia è già presente negli olii di semi utilizzati come materia prima. È inoltre consentito l'impiego di sostanze emulsionanti come monogliceridi degli acidi grassi alimentari, anch'essi spesso già presenti nelle materie prime utilizzate, in ragione dello 0,25% massimo; la lecitina di soia, ad azione antiossidante, può essere presente in quantità non superiore allo 0,5% rispetto al grasso. La margarina non deve contenere coloranti, ma è consentito l'impiego di ossicitronellale come aromatizzante (0,5 mg/kg); viene commercializzata in confezioni da 200 g, sulle quali deve risultare ben visibile la denominazione "margarina" e il contrassegno di Stato.
I diversi tipi di margarina - Le margarine destinate al consumo diretto sono essenzialmente prodotte con olii vegetali, tuttavia, in funzione del tipo di olii impiegati e del tipo di trattamento effettuato, si riconoscono molteplici varietà di prodotti: le margarine monoseme, derivate cioè da un unico tipo di olio vegetale, le margarine di semi vari, ottenute da più olii vegetali, le margarine di consistenza dura, semidura o morbida. In linea di massima si consiglia di preferire le margarine monoseme a quelle di semi vari, dato che in questo caso non si conosce la qualità degli olii utilizzati e non si è certi dell'eventuale presenza di olio di colza, poco consigliabile per l'elevato contenuto in acido erucico.
Le margarine dure sono ottenute per idrogenazione completa di un olio, con conseguente trasformazione dei vari acidi grassi insaturi in acidi grassi saturi. In questi prodotti il rapporto quantitativo tra acidi polinsaturi e saturi, che in un corretto regime alimentare dovrebbe risultare pari all'unità, è invece 0,3. Le margarine semisolide derivano invece dalla miscelazione del 10-25% di un olio completamente idrogenato con il 90-75% di un olio non idrogenato. Dal punto di vista nutrizionale si tratta di prodotti più validi in quanto il rapporto acidi polinsaturi/saturi è pari a 0,8. Le margarine spalmabili si ottengono dalla miscelazione di un olio monoseme non idrogenato con lo stesso olio parzialmente idrogenato nel rapporto: 40-60% del primo e 60-40% del secondo. Il rapporto tra acidi polinsaturi e saturi in questo caso è piuttosto elevato.
Valore nutritivo - La maggior parte dei consumatori subisce l'inganno degli slogan pubblicitari che spacciano la margarina come prodotto meno "grasso" del burro; ciò non risponde a verità: infatti 100 g di burro contengono almeno 82 g di grassi e forniscono quindi 730 Kcalorie, mentre la margarina deve contenere almeno 84 g di grassi quindi sviluppa 18 Kcalorie in più!
L'unico vantaggio rispetto al burro sta nel fatto che, essendo vegetale, è del tutto priva di colesterolo. Purtroppo però, in seguito al trattamento tecnologico di produzione, la margarina non conserva il valore nutritivo degli olii da cui proviene. Non solo infatti il trattamento termico del processo di indurimento riduce il contenuto vitaminico, già di per sé esiguo negli olii raffinati utilizzati come materie prime, ma il trattamento di idrogenazione, trasformando parte degli acidi grassi insaturi in acidi grassi saturi, riduce sensibilmente l'apporto di acidi come il linoleico e l'arachidonico, essenziali per il nostro organismo. La diminuzione del valore nutritivo è in relazione al tipo di idrogenazione effettuata: le margarine dure, ad esempio, ottenute dalla idrogenazione completa degli olii, risultano pressoché prive di acidi grassi insaturi essenziali; di conseguenza una dieta basata esclusivamente sul consumo di questi prodotti, può determinare il manifestarsi di sindromi carenziali più o meno gravi. Da questo punto di vista sono preferibili le margarine spalmabili perché meno idrogenate.
In ogni caso però il trattamento di idrogenazione, che sia completo o selettivo, determina anche modificazioni strutturali nella molecola degli acidi grassi insaturi cosicché, anche se risparmiati dall'idrogenazione, risultano comunque di scarso valore nutritivo. Per effetto delle temperature elevate del trattamento, parte degli acidi grassi
insaturi subiscono una alterazione nella disposizione spaziale, e
passano dalla forma "cis" naturalmente presente in natura, alla forma
"trans", che il nostro organismo non è in grado di utilizzare. Nel
complesso il 30-60% degli acidi grassi insaturi con l'indurimento perde
il carattere di essenzialità. Queste considerazioni, unitamente alla
massiccia presenza di conservanti, emulsionanti ,e additivi vari,
dovrebbero far riflettere sull'opportunità di ricorrere a questo
condimento, a cui rimane il pregio di un costo assai ridotto.
I grassi idrogenati
Con la denominazione di "grassi idrogenati" ci si riferisce a tutte le sostanze grasse sottoposte a idrogenazione e contenenti al massimo il 2% di umidità e l'1% di acidità espressa in acido oleico. Destinati principalmente ad impiego industriale, per la preparazione di prodotti di pasticceria, gelati, dolci e prodotti da forno, possono essere di origine vegetale o animale. Ne esistono svariati tipi, ciascuno specifico per le diverse utilizzazioni industriali, in funzione della particolare composizione acidica.
I grassi idrogenati vengono impiegati in pasticceria e nella produzione di gelati per la capacità di trattenere aria se opportunamente sbattuti, e di assicurare plasticità al prodotto; inoltre, per il particolare punto di fusione (222°C) rimangono solidi in un ampio intervallo di temperature, come richiesto dall'industria dolciaria. Risultano particolarmente indicati per le fritture, in quanto per riscaldamento liberano una limitata quantità di acidi grassi (0,03%) e non danno luogo a formazione di sostanze tossiche per il nostro organismo. Dal punto di vista nutrizionale, tuttavia, presentano gli stessi svantaggi delle margarine.
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