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Il lavoro intellettuale

carriera

Anche se dal punto di vista calorico ha un consumo estremamente ridotto, può provocare esaurimenti nervosi e pesanti condizioni di stress.

Lavoro intellettuale e consumo energetico - Uno scrittore che scrive un racconto, un medico che pensa una diagnosi, un fisico impegnato a scoprire i misteri ultimi della materia, lavorano? Dal punto di vista normale, la risposta è indubbiamente positiva, ma da quello dei consumi calorici, la cosa potrebbe apparire mollo dubbia. In effetti, il consumo calorico del lavoro intellettuale è del tutto irrisorio: cinque ore di lavoro intellettuale producono un consumo calorico equivalente a quello che può dare una normale zolletta di zucchero: l5-20 calorie.
Infatti, nel corso del lavoro intellettuale manca quasi completamente (a meno di avere l’abitudine di pensare camminando, sana norma degli antichi greci e romani) la componente muscolare, l’unica capace di implicare un elevato consumo calorico. L’attività intellettuale si associa senz'altro a consumi, ma di tipo del tutto particolare. Oggi sappiamo, per esempio, che la trasmissione degli impulsi nervosi (di cui l’attività intellettuale indubbiamente si avvale) causa lo svolgimento di numerose reazioni chimiche che, a loro volta, provocano la comparsa di manifestazioni elettriche. Inoltre, sicuramente, durante lo stesso tipo di attività, si hanno variazioni a livello delle membrane cellulari, con un aumento della loro permeabilizzazione e degli scambi ionici. Tuttavia, tutto questo non è sufficiente per spiegare
la stanchezza, a volte veramente pesante, che colpisce chi svolge un lavoro intellettuale. Possono entrare in gioco anche altri fattori: così, indubbiamente, i sensi (la vista, l’udito) possono causare un altro dispendio energetico. Oltre a questo, sulla stanchezza intellettuale si devono considerare altri fattori di tipo fisico e psichico: la postura, cioè il modo con cui uno scrive o legge, impegna un certo numero di gruppi muscolari che, pur non facendo un lavoro attivo, rimangono tuttavia in condizioni di «tensione», causando quindi un certo tipo di sforzo e ostacolando, entro un certo limite, la circolazione del sangue con conseguente comparsa di sintomi di affaticamento. Non si deve poi dimenticare la tendenza di molti intellettuali a lavorare in condizioni totalmente negative dal punto di vista sanitario: ambienti colmi del fumo di sigaretta; lavoro notturno, svolto in ore (dopo l’una di notte) in cui l’organismo, come hanno dimostrato le ricerche di cronobiologia, ha una minore capacità lavorativa; illuminazione insufficiente ecc. Tutti questi fattori, unitamente alla tensione che comporta ogni lavoro intellettuale, probabilmente aumentano il consumo energetico e causano fatica. L‘attività intellettuale, inoltre, si lega sempre ad altri fattori, che oggi non sono precisamente determinabili, ma che tuttavia influenzano in modo considerevole il nostro metabolismo energetico: un’elevata affettività, un tono emotivo sempre piuttosto teso, un raffronto costante fra una situazione reale e una irreale (memoria, progettazione nel futuro, trama di un romanzo, creazione di forme artistiche nuove). Per di più, queste caratteristiche assolutamente uniche di solito si associano a un tipo di personalità che non è mai totalmente equilibrata.

I disturbi causati dalla «stanchezza» intellettuale - La costante attività del cervello, unita a una ridotta attività muscolare, accentua lo squilibrio psicologico ed energetico di chi svolge questo genere di lavoro, con la comparsa di vari disturbi.

Esaurimento nervoso - È un termine che indica qualcosa di assolutamente astratto (dovrebbe infatti indicare l’esaurimento delle cellule nervose, fenomeno del tutto inesistente), usato soltanto per potere in qualche modo «etichettare» un insieme di disturbi che compaiono in seguito a un eccessivo impegno lavorativo. Nell'esaurimento nervoso entrano in gioco vari fattori: applicazione eccessiva, assunzione di compiti particolarmente impegnativi in tempi eccessivamente ristretti (con comparsa, quindi, di una reazione d’ansia), cattive abitudini igieniche (pasti affrettati e incongrui, lavoro notturno, mancanza di giusti periodi di riposo), contrasti nell'ambito del lavoro e della famiglia. L’intellettuale viene così a trovarsi in una situazione estremamente complessa: il cervello affronta una situazione di tensione che non trova alcun riscontro nella realtà. Vengono così elaborate tutta una serie di reazioni ormonali (aumento di adrenalina e noradrenalina) che sarebbero giustificate soltanto qualora esistessero veramente situazioni reali di pericolo. Nel caso dell’attività intellettuale, invece, questa situazione è puramente immaginaria, ma ciò causa ugualmente uno stato di tensione fisica. La conseguenza di questo falso «stato d’allarme» è la comparsa di un pronunciato senso di stanchezza che si accompagna a vari sintomi: insonnia, facile irritabilità, senso di angoscia, incapacità di concentrazione, desiderio di isolamento, errori sul lavoro ecc.

Nevrosi d’ansia - È una tipica malattia «intellettuale». Solitamente si manifesta in individui che vengono chiamati a svolgere incarichi di notevole responsabilità. Si crea così un conflitto interno molto intenso: da un lato, il desiderio di assumere l’incarico, imporsi agli altri, raggiungere un determinato grado sociale spinge ad accettare il nuovo ruolo, dall'altro, a livello inconscio, l’individuo si sente incapace, inadatto e questo contrasto fa riaffiorare vecchi sentimenti di inferiorità che vengono ipercompensati con un’attività sempre più frenetica. Il lavoro eccessivo, la paura di sbagliare, il timore di perdere la posizione di prestigio, spingono l’individuo a impegnarsi sempre di più, creando una specie di circolo vizioso in cui l’impegno intellettuale eccessivo aumenta la stanchezza, la quale spinge ad assumere impegni sempre più gravosi per dimostrare a se stessi e agli altri il proprio valore. L‘individuo diviene così accentratore, spinge i suoi controlli su attività sempre più marginali. Finché alla fine il sistema nervoso non regge e si ha la comparsa della nevrosi. Dapprima insorgono sensazioni transitorie di timore per cause reali, poi, con il progredire della malattia, l’ansia e l’angoscia permangono allo «stato puro» non più direttamente collegate, come in precedenza, ad avvenimenti riscontrabili nella realtà. Il permanere dello stato d’ansia finisce con il turbare completamente l’attività fisica e psichica dell’individuo che diviene insonne, presenta alterazioni nei cicli organici (pasti insufficienti, sonno o insufficiente oppure eccessivamente protratto, necessità di interrompere continuamente il ritmo del lavoro ecc.) e, alla fine, risulta incapace di svolgere la sua attività con la necessaria attenzione.

Nevrosi di conversione - È una nevrosi che si manifesta attraverso l’alterazione della funzione di un organo.
La scuola psicoanalitica ha infatti chiarito che taluni organi (tratto gastrointestinale, cute, apparato cardiovascolare ecc.) svolgono, oltre alla loro funzione più propriamente fisiologica, anche una funzione simbolica. Così, l'apparato gastrointestinale interpreta tutto quello che noi accettiamo («ingoiamo») o respingiamo; l'apparato cutaneo ha una funzione «sociale» di contatto eccetera.
Nel caso di difficoltà nella nostra attività intellettuale, questo «linguaggio degli organi» acquista particolare valore giacché consente di interpretare una incapacità di adattamento a determinate situazioni di vita. È per questo motivo che si manifestano disturbi all'apparato digestivo, dai più lievi (bruciore allo stomaco, aerofagia), ai più gravi (come un’ulcera). Anche alcune malattie della pelle (eczemi, foruncoli ecc.) hanno molte volte la stessa origine psicosomatica e questo spiega la difficoltà di poterle curare con qualche possibilità di successo.
A nessuno può sfuggire l’importanza di riuscire a stabilire quale sia il vero significato della «protesta» del nostro organismo per potere apprestare le difese migliori.

Fuga dalla realtà - È tipica soprattutto di quel tipo di individuo in cui prevale una forte componente artistica. In questo caso i problemi reali, di tutti i giorni, possono provocare un senso di incapacità, di timore. Il soggetto reagisce, non affrontandoli e tentando di risolverli, ma rifugiandosi in un mondo fantastico in cui le sue incapacità vengono compensate con fantasie nelle quali assume la funzione del personaggio principale, in grado di risolvere qualsiasi difficoltà. Negli individui normali questa tendenza alla «fuga» provoca l'identificazione con i personaggi del cinema, televisione, teatro eccetera. In forma più velata, questa «fuga» dalla realtà è presente in tutti: in ciascuno c’è la tendenza a crearsi un universo personale in cui agire da protagonisti o addirittura da «eroi» ed esaltarsi. Tuttavia, oltre un certo limite, questa tendenza può diventare veramente pericolosa, poiché finisce con l'isolare completamente l’individuo dal suo ambiente.

Prevenzione e terapia - Per tutte le forme che abbiamo indicate è tipico uno squilibrio fra l’attività cerebrale e fantastica e quella fisica. Mentre la prima è sviluppatissima, la seconda rimane quasi sempre estremamente sacrificata. Una prima, necessaria, forma di prevenzione sarà quindi legata al tentativo di superare questa forma di squilibrio. Chi svolge una intensa attività intellettuale dovrà cercare di svolgere contemporaneamente un’attività fisica costante, giornaliera. Sono quindi indicate tutte le forme di ginnastica (da svolgersi al mattino e alla sera, in quest’ultimo caso preferibilmente in palestra) che permettono all'organismo di mantenersi agile e, soprattutto, di conservare una buona circolazione in tutti i distretti corporei. Inoltre, l'intellettuale dovrà svolgere il più regolarmente possibile sport che, anche se non agonistici, lo impegnino fisicamente con una certa durezza, così da costringerlo a equilibrare, in un certo senso, attività fisica e attività psichica.
La terapia, invece, deve essere esclusivamente di tipo psicologico e, soprattutto nei casi più seri, essere seguita costantemente da uno psicologo esperto in questo tipo di problemi, il cui intervento avrà lo scopo fondamentale di rimuovere le cause prime della nevrosi.

La dieta consigliata - Per seguire una buona dieta, bisogna anzitutto ricordare che il cervello, per la sua attività, ha soprattutto necessità di zucchero e fosforo (utilizzabile sotto forma di fosfolipidi); la quota di proteine, poi, per oltre la metà deve essere costituita da proteine animali (carni, uova, pesci, latte, formaggi). Di grande importanza è anche l’assunzione di vitamine, particolarmente di quelle appartenenti al gruppo delle vitamine B. Inoltre, perché un regime alimentare sia veramente efficace, deve anche seguire delle norme precise che consentano a stomaco, fegato, reni e, in generale, a tutti gli organi del nostro corpo, di lavorare senza sovraccaricare l’attività del cervello.
Vediamo adesso quali sono le principali regole da osservare:

1) sforzarsi di seguire orari ben determinati e costanti per prima colazione, pranzo, cena. L’orario fisso risponde a una rigorosa necessità del nostro apparato gastrointestinale che è essenzialmente abitudinario. Una variazione degli orari può talvolta disturbare notevolmente, oltre all'organismo, anche la nostra attività intellettuale;
2) non caricare eccessivamente le quantità di cibo durante pranzo e cena: le «abbuffate» sono sempre negative per il nostro cervello;
3) gli alimenti devono essere semplici, non elaborati, non complicati da un'eccessiva presenza di grassi e da salse di difficile digestione;
4) bisogna evitare di bere liquidi forti o abusare del caffè, mentre può essere utile un bicchiere di vino (non di più) a pranzo o a cena;
5) sarebbe anche utile, durante i pasti, evitare qualsiasi tipo di discussione, alle quali, purtroppo, invece facilmente indulgono particolarmente proprio gli intellettuali.
6) consumare i pasti senza fretta, masticando lentamente per favorire la digestione. 

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