In forma con gli alimenti cosiddetti "mediterranei", facendo scelte non solo qualitative, ma soprattutto quantitative.
Il padre riconosciuto della dieta mediterranea è Ancel Keys, uno dei maggiori esperti mondiali di alimentazione. Il professor Keys è giunto alla conclusione, dopo studi epidemiologici condotti nel Sud Italia ed in Grecia, che le popolazioni di queste zone sono tra quelle che soffrono meno dei disturbi legati ad una alimentazione troppo ricca e che presentano una minor incidenza delle malattie da civilizzazione. Ma come si nutrono gli abitanti dell'area mediterranea? In genere hanno mantenuto la tradizione alimentare del dopoguerra, cioè hanno continuato ad utilizzare quegli alimenti considerati poveri, come pasta e legumi, ed inoltre consumano poca carne, molta frutta e verdura e condimenti come olio di oliva. Oltre a Keys, si è accorta che questo tipo di alimentazione era più consono alle esigenze dell'individuo moderno anche una Commissione di esperti nominata dal Senato degli Stati Uniti. Questo gruppo doveva cercare di tracciare uno schema dietetico ideale per prevenire e combattere quelle malattie quali diabete, obesità, arteriosclerosi, tipiche dei paesi industrializzati. Dallo studio che ne seguì è scaturito un modello dietetico che
prevedeva le seguenti percentuali di principi nutritivi: 55%-65% di carboidrati, 12% di proteine e 30% di grassi, di cui almeno il 65% di origine vegetale. Questo modello ideale, definito Dietary Goals — obiettivi dietetici — è stato messo a confronto con le abitudini alimentari di cinque paesi industrializzati, tra cui l'Italia, ed è risultato che la formulazione data si avvicina al modo di nutrirsi italiano negli anni '50. È così partita tutta la campagna sulla dieta mediterranea, sul Made in Italy alimentare, da un lato promossa dall'Istituto Nazionale della Nutrizione, con fini salutistici, e dall'altro dal Ministero dell'Agricoltura che ne ha fatto una strategia, non priva di aspetti sia positivi sia ambigui, per il rilancio della produzione agricolo-alimentare all'interno del Paese ed all'estero. Ne sono in seguito nati convegni, discussioni, cerimonie di vario tipo, addirittura decaloghi, ma cerchiamo di capire in che cosa consiste questa dieta mediterranea. Innanzi tutto è bene chiarire il concetto di "dieta", termine utilizzato ormai per indicare un regime alimentare legato a disturbi specifici o a casi patologici o ancor più di frequente ad una alimentazione finalizzata al dimagrimento. In realtà "dieta", parola che deriva dal greco, significa stile di vita, regola confacente alla salute specialmente per quanto riguarda il cibo. Quindi affermare: "seguo la dieta mediterranea" non significa che si fa una dieta, come ad esempio quella "macrobiotica" o quella "vegetariana", ma significa mangiare certi alimenti il più possibile naturali e "genuini", seguendo una tradizione alimentare tipica dell'area mediterranea. Un'alimentazione cioè con scopi salutistici e non una dieto-terapia dimagrante. Certo è possibile ottenere un dimagrimento anche scegliendo tra gli alimenti cosiddetti mediterranei, ma è opportuno fare scelte non solo qualitative, ma soprattutto quantitative. Ben vengano pasta, legumi, pane, verdura, frutta, pesce, formaggi, olio di oliva vergine o, meglio ancora, extravergine, ma attenzione: se non si controlla la quantità è impossibile ottenere dei risultati a livello di calo di peso. Impariamo a seguire questa alimentazione mediterranea per spendere meno e per difendere la salute, come riporta uno dei tanti slogan creati per lanciarla, ma non si creda che sia la panacea di tutti i mali. Certamente è un buon inizio per riflettere sui nostri consumi e soprattutto sui nostri abusi alimentari, per rivedere le nostre abitudini troppo spesso legate a motivazioni simboliche o a pregiudizi o ad altro e per ridurre, infine, i consumi di zuccheri, grassi di origine animale, alcol e carni, giustamente imputati di essere confattori di rischio dei gravi disturbi da cui è afflitta la società moderna.
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