Per evitare gravi rischi è bene consumare soltanto specie di funghi ben note e facilmente riconoscibili come, per esempio, i porcini, i chiodini e i prataioli.
I funghi costituiscono senza dubbio uno dei piatti più deliziosi della nostra cucina, tuttavia rappresentano anche un pericolo da non sottovalutare poiché alcune specie possono risultare mortali. Per combattere i rischi di avvelenamento da funghi non basta
leggere qualche libro o vedere illustrazioni, anche particolareggiate; è soprattutto la pratica quella che conta e tale pratica la si può raggiungere soltanto accompagnandosi a veri esperti o iscrivendosi ad associazioni a cui partecipano micologi o professionisti della materia. Comunque, come consiglio generale, sarà bene "specializzarsi" in poche specie così da essere assolutamente sicuri di quello che si raccoglie.
Evitare le prove empiriche - Innanzitutto, ci si deve sempre ricordare che le varie prove suggerite una volta da "esperti" non hanno nessun valore come, per esempio, l'ossidarsi di una moneta d'argento a contatto con i funghi velenosi, oppure l'ingiallimento del mazzetto del prezzemolo, o la cottura che eliminerebbe le sostanze velenose. Queste "prove" non dicono assolutamente nulla e lasciano completamente indifesi davanti al rischio di avvelenamento.
I funghi mortali sono pochi - Un'altra cosa da sapere è che le specie veramente pericolose e mortali sono praticamente due: il Cortinarius orellanus, e l'Amanita phalloides. Il primo è piuttosto raro in Italia, ha un'altezza di circa 7-8 centimetri, con una crescita che si verifica su terreno sabbioso. Il colore è marroncino, il cappello liscio appare lievemente rialzato nella parte centrale. Il gambo si presenta privo di anelli e di volva (membrana che avvolge alcuni funghi). L‘Amanita phalloides (unitamente alle altre due specie affini Amanita verna e Amanita virosa) è invece estremamente diffusa nel nostro paese. Il fungo ha un'altezza di circa 12 centimetri, il cappello si presenta liscio con una sommità verdognola, le lamelle sono spesse, nettamente separate, bianche come il gambo che presenta un anello sfrangiato verso il basso e, alla base, la volva. Come precauzioni generali sarà sempre bene mangiare funghi soltanto da qualcuno di cui ci si può fidare ciecamente e limitarsi a utilizzare soltanto specie ben note e facilmente riconoscibili, come, per esempio, i porcini, i chiodini, i gallinacci, le orecchiette, i prataioli, le mazze da tamburo. Se si mangiano specie meno note sarà sempre consigliabile conservarne almeno uno in modo che, eventualmente, il medico possa risalire subito all'agente responsabile.
I sintomi di avvelenamento e le cure - I sintomi di un eventuale avvelenamento possono variare moltissimo, in relazione alla specie mangiata. Comunque si possono distinguere, grosso modo, tre forme: manifestazioni (sindromi) quasi immediate (precoci), sindromi che insorgono dopo qualche ora (intermedie), sindromi ritardate (non prima di sei ore). Le sindromi precoci (quelle cioè che si manifestano quasi immediatamente dopo l'assunzione del fungo) comprendono due forme: sindrome muscarinica (causata da Clitocybe dealbata e simili) caratterizzata da crampi addominali che si succedono a "ondate", scariche diarroiche, pupille ristrette (miosi), sudorazione intensa; sindrome coprinica (causata da Coprinus atramentarius e simili), associata a malesseri che possono trasformarsi in capogiri se si consuma alcol. La cura si basa soprattutto sullo svuotamento dello stomaco o sull'esecuzione di una lavanda gastrica al pronto soccorso. Vomito e lavanda gastrica devono essere eseguiti anche sui commensali che non accusano, al momento, alcun disturbo. In caso di sindrome coprinica risultano molto efficaci il tè e taluni sedativi.
L’insorgenza delle sindromi si verifica circa 30 minuti-2 ore dopo il pasto, la durata è di 1-2 giorni, poi la sintomatologia scompare senza lasciare alcun disturbo. Le sindromi intermedie si manifestano alquanto più tardi delle precedenti, però sempre prima del pasto successivo. Si hanno: sindrome atropinica (da Amanita muscaria o pantherina), l'insorgenza si manifesta 1-4 ore dopo il consumo dei funghi, la durata è di un paio di giorni. Compaiono sudorazione intensa, tremiti, stati allucinatori o deliranti, dilatazione della pupilla (midriasi). In una seconda fase può subentrare un sonno profondo. I disturbi successivamente scompaiono senza conseguenze; sindrome resinoide (causata da Boletus satanas, Russula emetica, Lactarius torminosus, Entoloma lividum, Clavaria formosa), l'insorgenza si ha 2-6 ore dopo il pasto, la durata può essere di 2-3 giorni. I sintomi sono dolori addominali, nausea, vomito, diarrea. Possono residuare disturbi al fegato. La terapia si basa essenzialmente sullo svuotamento gastrico da eseguirsi in un Centro Antiveleni o da un medico. Il ricovero deve essere effettuato rapidamente per eliminare il rischio di complicazioni.
Le sindromi ritardate sono le più gravi giacché possono risultare anche mortali. Nella sindrome falloidea (da Amanita phalloides, verna, virosa, da alcune Lepiote), i sintomi non compaiono prima di sei ore e, in taluni casi, anche dopo 10-12 ore. La durata non è definibile. I sintomi sono costituiti da accessi gastroenterici acuti, dolori al fegato, urine scarse e scure, ittero. Può aversi anche la morte come conclusione. Attualmente la terapia prevede la somministrazione di penicillina sodica, nel dosaggio di 1.000.000 di Unità per kg di peso corporeo. Rimangono comunque, come conseguenze, lesioni gravi del fegato. Si possono tuttavia avere anche guarigioni apparentemente complete. Nella sindrome orellanica (provocata da Cortinarius orellanus), l'insorgenza dei sintomi può essere anche molto tardiva, anche dopo una settimana. La durata non è prevedibile. La sintomatologia è costituita da malessere diffuso, mal di testa, stanchezza, lesioni renali, riduzione della diuresi. L'unica terapia è rappresentata da un immediato ricovero ospedaliero. Il trattamento con dialisi può salvare la vita di questi ammalati, ma residuano lesioni renali.
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