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I legumi

ceci fagioli lupini cicerchie fave piselli soia
Per le loro caratteristiche nutrizionali sono stati considerati, fin dai tempi passati, "la carne dei poveri".
L'ordine delle leguminose comprende diverse famiglie di piante, a due delle quali appartengono i principali legumi di interesse alimentare. Sono legumi la fava, il pisello, la lenticchia, il cece, il fagiolo, il fagiolino, la soia, l'arachide, il lupino, la carruba.

Valore nutritivo - Le quantità percentuali dei vari componenti variano notevolmente a seconda dello stato di idratazione dei semi. Le proteine ad esempio pos­sono rappresentare
dal 20-30% del peso del seme sec­co, a seconda della varietà di legume considerato, al 5-8% nel seme umido, i lipidi variano dal 2-15% allo 0,1-1% e così via. Ma le differenze in composizione sono cospicue anche tra seme e seme: soia e lupino sono ricchissimi in proteine, presenti in quantità inferiori nei fagioli e nei piselli; soia e arachidi contengono olio in abbondanza, fatto che ne rende vantaggiosa l'estra­zione a livello industriale; i glucidi rappresentano una frazione non trascurabile del peso dei semi di ceci e fagioli, ma sono relativamente scarsi nei lupini e nelle arachidi.
Nonostante queste differenze anche notevoli, protei­ne e lipidi nelle leguminose presentano delle caratte­ristiche assai simili: le proteine delle leguminose sono tutte carenti di alcuni aminoacidi essenziali, tra cui quelli contenenti zolfo (metionina e cisteina) e triptofano, precursore della vitamina PP; anche la lisina non è abbondantissima e questa caratteristica è tipica del­le proteine vegetali rispetto a quelle animali che ne con­tengono invece quantità adeguate al fabbisogno. I li­pidi sono soprattutto acidi grassi insaturi (acido olei­co, linoleico, linolenico) che, a differenza dei grassi ani­mali, con la loro azione favoriscono il mantenimento della colesterolemia entro livelli accettabili. A questo effetto contribuisce anche la lecitina, un lipide conte­nente fosforo, presente anch'essa in notevoli quantità in quasi tutti i legumi. Il glucide prevalente nei semi di leguminosa è l'amido che può rappresentare anche il 50% dei carboidrati del seme. Sono presenti anche notevoli quantità di cellulosa e altri polisaccaridi indi­geribili che costituiscono la spessa cuticola che riveste tutte le leguminose. Spesso questa parte viene scarta­ta durante i procedimenti di preparazione alla cottura così che i nutrienti del seme possono essere più facil­mente attaccati durante la digestione dagli enzimi li­tici che agiscono lungo l'apparato digerente.
I sali minerali, soprattutto potassio, fosforo, calcio, ma­gnesio, ferro, sono presenti in notevoli quantità. Tra le vitamine, che pure non raggiungono livelli degni di nota, non mancano la C e la B1.
Il valore calorico dei legumi, per la presenza di pro­teine, lipidi e glucidi, è tutt'altro che trascurabile e varia da un minimo di 20-40 Kcal/100 g di alcune legumi­nose allo stato fresco, fino a più di 500 Kcal/100 g per le arachidi tostate.

Cece - È un'erba rampicante annua che sembra ave­re avuto le sue origini in Medio Oriente e che oggi è coltivata specialmente in Spagna, in Algeria, in In­dia e in Italia (Calabria, Puglia e Sicilia). Le diverse varietà coltivate provengono da un unico genere e da un'unica specie, il Cicer Arietinum. La pianta ha fusto ramificato e ruvido, con foglie di colore verde chiaro, leggermente denticolate; i fiori so­no piccoli, bianco-rosei o porporini; il frutto a baccel­lo contiene uno o due semi tondi e giallastri che si con­sumano maturi e disseccati. L'uso dei ceci nell'alimen­tazione umana ha tradizioni antichissime: i Greci fu­rono i primi ad accertare le loro virtù medicinali e afro­disiache, mentre Orazio tramanda che i Romani li con­sumavano fritti nell'olio, secondo una tradizione non del tutto abbandonata nel nostro Meridione. Per l'elevata quantità di proteine e per l'assenza di principi antinutrizionali, o comunque dannosi, nei suoi semi, e per le sue cospicue rese di produzione, il cece meriterebbe una maggiore diffusione. Nel nostro paese invece, le aree coltivate hanno subito una profonda con­trazione dagli anni '40 fino a oggi, anche se questo fe­nomeno è stato accompagnato da un aumento della resa, come è avvenuto per parecchie altre leguminose (fagiolo, lupino ecc.). Tuttavia in questi anni si sta assistendo alla riscoperta del cece specialmente per im­pieghi nell'industria conserviera. Non bisogna dimen­ticare che nei ceci il rapporto tra lipidi, glucidi e pro­teine rispecchia quello della dieta ottimale e che il va­lore biologico di alcune varietà sarebbe addirittura su­periore a quello della soia.
In cucina i semi secchi si usano per preparare gustose minestre dopo averli lasciati a bagno almeno un'inte­ra notte. La successiva cottura avviene normalmente nella loro stessa acqua, cui si aggiungono gli opportu­ni aromi.

Cicerchia - È il nome volgare del Lathyrus sativus, pianta erbacea annua, a stelo contorto, con fiori rosei, bian­chi o azzurri, che viene coltivata per i semi eduli, det­ti appunto cicerchie. La pianta, originaria dell'Asia, è oggi scarsamente diffusa. Le regioni italiane più in­teressate alla coltura della cicerchia sono la Toscana e l'Abruzzo, anche se nell'ultimo decennio la produzione complessiva si è dimezzata. Questa contrazione è da attribuire essenzialmente a due fattori: da una par­te la bassa resa di produzione e dall'altra l'opinione diffusa circa la nocività dei semi che causerebbero l'in­sorgere di una grave malattia nei mangiatori abituali di cicerchie (latirismo). Le cicerchie possiedono un ele­vato valore nutritivo dovuto al contenuto proteico (27 %) e alla presenza di grosse quantità di ferro (quasi 10 mg/g di seme secco).

Fagiolo e fagiolino - La specie più diffusamente col­tivata è il Phaseolus vulgaris, originario dell'America cen­trale, con le sue molte varietà. Ha fusto eretto e ruvi­do, foglie quasi triangolari alle cui ascelle si raccolgo­no i grappoli di fiori bianchi, gialli o vermigli. I frutti sono baccelli diritti o ricurvi, che racchiudono più se­mi reniformi, a buccia resistente, variamente colora­ta, spesso maculata o screziata di colori intensi su fondo chiaro. È una coltura primaverile-estiva che predilige climi caldi ed è facilmente attaccata da funghi, batteri e virus, il che ha contribuito largamente alla riduzio­ne della superficie coltivata e della produzione totale di fagiolo verificatasi in Italia negli ultimi anni. Se ne conoscono diverse qualità: il borlotto, con baccello bianco screziato di rossiccio; il toscanello, con seme bianco, rotondo; il cannellino, con fagiolo bianco ro­sato di forma allungata; il bianco di Spagna, a baccel­lo verde e seme bianco di forma gigante; il fagiolo del­l'occhio, così chiamato per via di una piccola macchia scura che reca sul lato.
I fagioli, specie se seccati, sono un'ottima fonte di nu­trienti: 16,7% in proteine, 2,9% in lipidi e 43% in glucidi; inoltre hanno un elevato contenuto in fibra (5%). Le sostanze antinutrizionali preponderanti nel seme di fagiolo sono le fitoemagglutinine, glicoproteine che agglutinano le parti corpuscolate del sangue, il cui effetto tossico può tuttavia essere eliminato con la cot­tura. Il fagiolo viene commercializzato come seme es­siccato sfuso o, in scatola, come seme reidratato, ste­rilizzato e pronto per l'uso.
I fagiolini, conosciuti anche come fagioli mangiatut­to, non sono altro che fagioli non ancora giunti a pie­na maturazione, in cui i semi contenuti all'interno sono ancora allo stato embrionale. Di essi si consumano i baccelli verdi e teneri. Le varietà più apprezzate sono i "metis", sottili e dolci, dal baccello sia giallo che verde appiattito e privo di filo, e i "bobis", più grossi, mol­to teneri e carnosi e di forma tondeggiante. Sono reperibili sul mercato qualche mese prima dei fagioli freschi da sgusciare. Come i fagioli, i fagiolini contengono una quantità piuttosto elevata di sali mi­nerali, fra cui calcio, fosforo e ferro, oltre a preziose vitamine, fra cui la A, la B1, la B2 e la C (antiscorbu­tica per eccellenza).

Fava - È una pianta erbacea (Vicia faba) con fusto eret­to, foglie ampie e fiori bianchi con caratteristiche mac­chie nere. I baccelli sono molto grandi, carnosi e rico­perti internamente da una fitta peluria biancastra. I semi, da due a dieci per baccello, sono di forma irre­golare, vagamente quadrangolare. La fava, che ha un notevole adattamento al clima, si coltiva in Europa, dalla Scozia al Mediterraneo, per i semi che si man­giano sia freschi e a uno stadio di maturazione incom­pleta, sia secchi. Attualmente, in analogia a quanto è già stato fatto per la soia e si sta facendo per il lupi­no e la cicerchia, si studia la produzione di derivati della fava, quali farine, concentrati ed isolati proteici; questi derivati, aggiunti ad alimenti a base di cereali, ne migliorano notevolmente la qualità proteica, men­tre, come sostituenti della carne in salse o impasti per ripieni, esaltano la compattezza e la coesione degli in­gredienti. Tuttavia il favismo, malattia causata dalla fa­va appunto, rappresenta un ostacolo non indifferente ad una sua più intensa utilizzazione.

Lenticchia - È un'erba annua (Lens esculenta) origina­ria del Mediterraneo e dell'Asia, poco rustica e con capacità di adattamento inferiori a quelle del cece e della fava. Ha fusto eretto e sottile, fiori bianchi tal­volta screziati. I legumi fulvi racchiudono uno o due semi lenticolari, gialli, verdastri o bruni: le lenticchie. Il seme è caratterizzato da un elevato contenuto pro­teico che si aggira intorno al 25%, ma può raggiun­gere, in alcune varietà, il 35% ; è ricco in ferro e vita­mine del gruppo B. La lenticchia è un legume di anti­ca tradizione se si pensa che già se ne cibavano gli Egi­zi. Oggi, benché sia considerata un prodotto umile e quindi da molti rifiutata, trova impiego in cucina nel­la preparazione di pietanze che, al vantaggio dell'e­conomicità, associano i nutrienti in modo equilibrato.

Lupino - Originario del bacino del Mediterraneo e del­l'America meridionale, attualmente viene coltivato in tutti i continenti, sia come pianta da sovescio e da fo­raggio, che come fonte di semi eduli. Se ne conoscono diverse specie, di cui le più diffuse in Europa sono il Lupinus albus, il Lupinus angustifolius e il Lupinus luteus; esse si differenziano sia per i fiori diversamente colorati (bianchi, azzurri, gialli), che per il contenuto in alcaloidi, sostanze tossiche e amare che possono essere allontanate con prolungate immersio­ni in acqua (deamarizzazione). La specie più coltivata in Italia è il Lupinus albus, dai semi grossi e carnosi, il cui contenuto in alcaloidi è in­feriore rispetto alle altre due specie. La sua coltivazione ha subito una contrazione notevole col ridursi della pra­tica del sovescio.
Oggi si cerca di valorizzare la produzione del lupino per il suo discreto contenuto in olio dei semi (2-3% nel seme secco) e l'alta percentuale di proteine (38%, sempre nel seme secco).

Pisello - È una pianta erbacea annua di solito rampi­cante (Pisum sativum), originaria dell'Asia e di antica e diffusa coltivazione. Ha fiori bianchi e baccelli ver­di e allungati che contengono semi sferoidali comme­stibili. Se ne distinguono numerose varietà tra cui i piselli mangiatutto o taccole, che si consumano con l'in­tero baccello carnoso e dolciastro. In Europa la mag­gior parte del prodotto, usato nella preparazione di mi­nestre e in zootecnia, è importata da Cina, India e Unione Sovietica. La commercializzazione avviene allo stato fresco, surgelato o di conserva, mentre i piselli secchi sgusciati, di largo uso domestico in passato, so­no oggi quasi scomparsi dal mercato. La ricchezza in glucidi (53% nel seme secco) e proteine (23%) li ren­de molto nutrienti. Ben rappresentate sono inoltre le vitamine A, B1, B2, PP e D. Anche i piselli conten­gono fattori antinutrizionali quali inibitori della trip­sina ed emagglutinine, per cui sono sconsigliati ai dispep­tici e a chi ha un'attività fisica molto ridotta.

Soia - La specie coltivata attualmente (Glycine max) è originaria dell'Oriente. L'elevata produttività e la com­pleta meccanizzazione della sua coltura ne ha favori­to la rapida diffusione negli Stati Uniti e in Brasile. È un'erba eretta, annua, con baccelli lunghi da 2 a 10 cm, contenenti due o tre semi giallognoli o verda­stri. La soia è la leguminosa da tempo più studiata ed utilizzata. Il contenuto in lipidi del seme (18-20%) ne ha reso vantaggiosa l'estrazione ed i panelli residui era­no utilizzati in mangimistica. In seguito, si è proce­duto alla raffinazione delle proteine dai panelli, otte­nendo prodotti in grado di migliorare il valore nutri­tivo di alcuni alimenti e di ridurre i costi di produzio­ne. Per l'elevato contenuto proteico (40% nel seme sec­co) si utilizza anche la farina di soia eventualmente sgrassata e poi deodorizzata e tostata per inattivare dei composti indesiderabili tra cui un fattore antitriptico e una emagglutinina. Sciogliendola in acqua si ottiene il latte di soia, così detto per il suo aspetto e per l'alto potere nutritivo, da cui si può ricavare un prodotto simile al formaggio, chiamato appunto "formaggio di soia". I glucidi (20%) sono rappresentati da polisac­caridi e solo in parte da stachioso, verbascoso e raffinoso, responsabili della flatulenza. Il seme ha inoltre un ele­vato contenuto in ferro (8-9 mg/100 g) e discrete quan­tità di calcio, fosforo, magnesio, zolfo e iodio.

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