Largamente apprezzati fin dai tempi più antichi, rappresentano ancora oggi i più pregiati prodotti ortofrutticoli.
I funghi
Valore nutritivo - A differenza degli altri prodotti orticoli i funghi presentano un certo valore nutritivo soprattutto per quanto riguarda l'apporto proteico. Sono infatti piuttosto ricchi di proteine, la cui composizione in aminoacidi è discretamente bilanciata.
Il contenuto proteico nei funghi freschi è pari al 3-4% del peso fresco.
Oltre alle proteine e all'acqua, che rappresenta il componente più cospicuo (80-90%), i funghi contengono anche discrete quantità di glucidi (4,4% del peso fresco), rappresentati da glicogeno, amido e zuccheri semplici in proporzioni variabili in funzione delle diverse specie. Molto esigua è invece la quota lipidica (0,5% del peso fresco) costituita da steroli, lecitine e lipoproteine. Il contenuto vitaminico, discreto nei funghi freschi, è rappresentato soprattutto da vitamine del gruppo B, vitamine C, PP, A e D (assente però nei funghi ipogei, cioè a sviluppo sotterraneo, come i tartufi). I sali minerali più abbondanti sono calcio, fosforo, potassio, sodio e magnesio. I funghi contengono anche una discreta quantità di fibra, rappresentata principalmente da micocellulosa, un polisaccaride analogo alla chitina, che costituisce la matrice delle pareti cellulari fungine ed è resistente all'azione dei succhi gastrici ed intestinali.
La presenza di fibra limita la digeribilità di questo alimento: è pertanto consigliabile non eccedere nel suo consumo, specialmente nei casi in cui si soffra di disturbi all'apparato gastrointestinale. L'elevato prezzo di mercato di questi prodotti, come conseguenza della limitata diffusione delle specie commestibili più pregiate e del carattere stagionale della raccolta, non ne consente un utilizzo a vero e proprio scopo alimentare. I funghi quindi sono da ritenersi un gradevole complemento dei piatti tradizionali e un discreto integratore dei comuni cibi amilacei.
Cenni botanici - I funghi interessanti dal punto di vista alimentare appartengono essenzialmente alla classe degli Eumiceti (funghi macroscopici). Si tratta di organismi privi di clorofilla e quindi costretti ad una vita eterotrofa, ossia devono assumere sostanza organica già elaborata da organismi animali o vegetali, vivi o morti. Si distinguono in saprofiti (che crescono su organismi vegetali o animali in decomposizione), parassiti (che si introducono in un organismo animale o vegetale vivo e ne utilizzano la sostanza organica fino a provocarne la malattia o la morte) e simbionti (che vivono in associazione con piante superiori o animali senza provocare danni all'ospite). Ciò che volgarmente chiamiamo fungo, cioè la parte commestibile, rappresenta il corpo fruttifero della pianta. La vera pianta, detta "micelio", si sviluppa completamente sotto terra come un reticolo di filamenti sottilissimi detti "ife". In determinati periodi dell'anno dal micelio si originano i corpi fruttiferi che, a maturità completa, liberano le spore nel terreno per la riproduzione della specie. Le spore, concentrate in una porzione del corpo fruttifero detta "imenio", possono essere libere, come nei Basidiomiceti (sottoclasse che comprende la maggior parte dei funghi commestibili: porcini, prataioli, amanite, ditole) oppure si trovano racchiuse in grosse cellule a forma di astuccio o clava dette "aschi", dalle quali sono espulse violentemente a maturazione, come negli Ascomiceti (sottoclasse a cui appartengono i tartufi, le spugnole e le orecchiette). La forma dei corpi fruttiferi nelle diverse specie è molto varia: la maggior parte è caratterizzata da un gambo più o meno sviluppato ed ingrossato e da un cappello colorato di varia foggia, altri si presentano a forma di clava, di coppa o di orecchio, altri ancora hanno forma globosa o ovoidale. Delle 3000 specie conosciute, solo 30 sono sicuramente velenose; spesso nello stesso genere botanico si trovano specie eduli e tossiche, a volte difficilmente riconoscibili tra loro. L'azione tossica di alcuni funghi è dovuta alla presenza nel corpo fruttifero di sostanze di natura proteica o di alcaloidi. Parecchi funghi sono velenosi per la presenza di una tossina termostabile, la fallina, che provoca degenerazione del fegato, delle cellule renali e del muscolo cardiaco, con conseguenze letali. L'effetto è tardivo: i sintomi infatti compaiono generalmente solo dopo 10-30 ore dall'ingestione. La fallina è contenuta nelle Amanite phalloide, citrina, virosa e nella Vulvaria speciosa, una agaricacea simile nell'aspetto al prataiolo. Altre specie sono invece tossiche solo se consumate crude in quanto contengono una tossina termolabile che viene inattivata dalla cottura; a volte invece la tossicità di un fungo si manifesta solo in seguito ad ingestione di alcol (vino, liquori); in altre specie l'effetto tossico è determinato dalla presenza di emolisine che a volte, come nelle false spugnole, sono associate ad altre sostanze velenose. Sostanze resinose, presenti in alcune specie di porcini, russole e lattari, possono determinare sindromi gastroenteriche anche gravi, ma raramente letali. La presenza di alcaloidi vari e di sostanze ad effetto allucinogeno in funghi come le Amanite muscaria, pantherina e lo Psylocybe può provocare avvelenamenti più o meno gravi in relazione alla quantità ingerita, comunque di rado mortali.
I funghi spontanei - La maggior parte dei funghi utilizzati a scopo alimentare cresce allo stato spontaneo nei boschi delle regioni collinose e sub montane, specialmente nelle zone prealpine del Piemonte, Valtellina, Toscana e Calabria. Le specie eduli più pregiate sono: Boletus edulis e aureus (porcino bruno, porcino nero), Amanita caesarea (ovolo buono), Morchella esculenta (spugnola gialla), Russula cyanoxantha (colombina maggiore), Psalliota arvensis (prataiolo maggiore), Cantharellus cibarius (gallinaccio).
È abbastanza facile riconoscere le specie commestibili di porcino da quelle tossiche per il colore del cappello, la cui parte inferiore si presenta di colore bianco o giallo-verdastro nelle specie commestibili e rossastra nelle altre; in queste ultime inoltre i tessuti interni alla frattura si colorano in violaceo. L'Amanita caesarea si distingue dalle specie non commestibili per il cappello di colore aranciato e privo di residui di volva, che invece compaiono nell’ Amanita muscaria, velenosissima, anch'essa dal cappello color arancio. Nelle specie eduli il gambo è giallo, nelle altre si presenta di colore bianco con sfumature citrine o verde pallido. La specie più velenosa, Amanita phalloides, non mostra residui di volva sul cappello, e si differenzia per il colore verde-olivastro e per la presenza di un anello situato a circa 3/4 del gambo. La Morchella esculenta è caratterizzata da un gambo liscio di colore bianco e da un cappello alveolato, detto mitra, di colore giallo ocra con disposizione irregolare degli alveoli. Si distingue dalla falsa spugnola (Gyromitra esculenta) per il cappello che, nella specie velenosa, è simile ad un ammasso carnoso di forma tondeggiante o lobata e dal colore bruno. La russola velenosa (Russula emetica) si differenzia da quella commestibile per il sapore bruciante. Il prataiolo presenta cappello tondeggiante di colore brunastro, carnoso, rivestito da fibrille e squame di colore rosso-bruno; le lamelle, rosate nel fungo giovane, diventano brune a maturità. Il gambo, di colore bianco, porta nella parte inferiore un anello che lo differenzia da una agaricacea molto velenosa.
I funghi coltivati - Limitatamente ad alcune specie saprofite, come il prataiolo, detto anche "champignon", il gelone, detto anche "orecchietta" ed il piopparello, si è largamente diffusa la coltivazione artificiale. Il nostro paese è il sesto produttore mondiale di champignons e circa la metà della produzione nazionale è concentrata nel Veneto. La specie più coltivata è la Psalliota ortensis var. "bispora", con gambo relativamente corto e cappello convesso di colore bruno chiaro o molto pallido con lamelle fitte e rosate e anello poco resistente.
La coltivazione del prataiolo, che cresce preferibilmente su letame, viene effettuata a livello industriale, secondo tecniche diverse:
- con il sistema francese la coltura viene praticata in sotterranei o grotte, su letti a "cumuli" di letame fresco;
- con il sistema americano la coltura è realizzata in ambienti fuori terra, in cassette o ripiani con letti di substrato pastorizzato;
- con il sistema misto la coltura viene realizzata secondo il sistema americano fino allo sviluppo del micelio, che viene poi trasferito in letti posti in sotterranei, dove si fa crescere il fungo.
Il micelio necessario per inoculare il substrato è prodotto da ditte specializzate: dopo un adeguato periodo di incubazione il micelio, sviluppatosi a spese del substrato, darà origine ai corpi fruttiferi. Mediamente si raccolgono circa 40 kg di champignons per quintale di letame. Il substrato naturale dei saprofiti del legno oggi coltivato è il pioppo. A livello industriale si utilizzano trucioli di pioppo, inoculati dopo pastorizzazione con micelio puro e quindi compressi in pannelli parallelepipedi. I pannelli così ottenuti vengono infilati in sacchetti di politene, per mantenere un certo grado di umidità e chiusi in modo tale da consentire però la respirazione del micelio. Dopo circa 40 giorni i pannelli, liberati dall'involucro, vengono esposti alla luce naturale o artificiale e rapidamente il micelio fruttifica. Da un quintale di substrato si ottengono in media 30 kg di funghi. Purtroppo i complicatissimi rapporti intercorrenti tra funghi micorrizici e piante verdi hanno reso finora impossibile la coltivazione di specie apprezzatissime come i porcini e le amanite.
Consigli per la raccolta - In linea generale è consigliabile evitare di raccogliere funghi con cappello di colore molto vistoso o cosparso di verruche, così come i funghi che presentano un sapore acre e bruciante o quelli che rilasciano un succo lattiginoso, a meno che non sia rossastro; è preferibile inoltre non raccogliere funghi non completamente sviluppati perché di difficile identificazione. Purtroppo queste norme preventive non sono sufficienti ad evitare ogni rischio, in quanto esistono diverse eccezioni, che solo un esperto raccoglitore conosce. È preferibile quindi che i principianti si limitino a raccogliere solo le specie ben conosciute, rinunciando alla soddisfazione di portare a casa un cestino ricolmo; in ogni caso sarà sempre meglio portare il raccolto al controllo dell'Ufficio d'Igiene.
I tartufi
I tartufi sono i corpi fruttiferi delle Tuberacee, funghi a sviluppo sotterraneo, che si trovano in associazione con piante legnose, come querce, salici, pioppi e tigli.
Il corpo fruttifero, di forma tondeggiante con un involucro compatto, racchiude la polpa detta gleba in cui si trovano gli aschi, contenenti le spore.
Meno diffusi dei funghi normali, sono molto pregiati e ricercati per le particolari proprietà organolettiche ed impiegati in numerose preparazioni gastronomiche. Crescono nelle zone temperate dell'Europa, Asia e Nord America; le specie conosciute sono oltre 100, ma solo alcune sono adatte al consumo in quanto il caratteristico aroma è prerogativa di poche specie.
I tipi più diffusi - I tartufi più pregiati e diffusi sono: il tartufo nero da Norcia (Tuber melanosporum), la trifola nera (Tuber brumale), il tartufo estivo (Tuber aestivum), il tartufo bianco (Tuber magnatum).
Il tartufo nero da Norcia o del Perigord presenta esternamente colore bruno scuro tendente al seppia, polpa (gleba) di colore bruno scuro, con venature molto intrecciate di colore chiaro. Cresce in inverno ed è molto pregiato per l'aroma ed il sapore particolarmente intensi. La trifola nera si distingue dal tartufo nero pregiato per le verruche più appiattite e le venature più grossolane. Matura alla fine dell'inverno.
Il tartufo estivo di colore scuro, quasi nero, è rivestito da verruche piuttosto prominenti a forma di punta di diamante; la polpa appare di color nocciola con venature piuttosto fitte ma poco intersecate. Matura in estate.
Il tartufo bianco pregiato è esternamente liscio, di colore giallo; la polpa bruno-rossiccia si presenta solcata da venature finissime color crema. Rispetto alle altre specie raggiunge dimensioni notevoli; alcuni esemplari pesano anche 1 kg. Matura da ottobre a dicembre. Il suo habitat naturale è molto ristretto: cresce infatti esclusivamente negli Appennini centrosettentrionali, nelle Langhe e nella Val Padana, a sud del Po. La raccolta di tartufi è considerata libera nei boschi naturali e nei terreni incolti, ma i proprietari dei terreni possono renderla riservata, così come i Comuni possono regolamentarla e disciplinarla. Per la vendita i tartufi interi devono venir separati da quelli spezzati (dimensioni superiori a 0,5 cm) e dal tritume (dimensioni inferiori a 0,5 cm). Anche le specie e le varietà devono essere vendute separatamente le une dalle altre.
Coltivazione artificiale - La coltivazione artificiale del tartufo è limitata alla specie Tuber melanosporum. Viene praticata in quelle zone che rappresentano l'habitat ideale per il tartufo: le Prealpi italiane e francesi, gli Appennini ed il Perigord, tutte con terreno calcareo, indispensabile per la crescita dei tartufi. Un tempo si sfruttavano le ghiande raccolte sotto querce tartufigene, quindi già infettate dal micelio e successivamente seminate in terreno adatto. Attualmente invece si infettano con micelio puro di tartufo semi di pini o querce, che vengono successivamente interrati in vasetti e poi messi a dimora nel terreno. Un ettaro di tartufaia produce in media circa 110-130 chilogrammi di tartufi all'anno.
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