Il contenuto proteico dei pesci, dei molluschi, dei crostacei, equivalente a quello delle carni, ne fa il secondo alimento plastico (in grado cioè di riparare le cellule ed allo stesso tempo di plasmarne di nuove).
Caratteristiche nutrizionali - La carne dei pesci è molto digeribile perché contiene una più piccola quota di tessuto connettivo rispetto alla carne di bovino; così come molto bassa è la percentuale di grassi, nella gran parte delle specie commestibili. E proprio sulla base di questo parametro che i pesci sono spesso suddivisi in tre grossolani raggruppamenti: pesci ad alto contenuto di grassi, pesci semigrassi, pesci magri. Il contenuto lipidico dei pesci è particolarmente ricco di grassi polinsaturi che si ossidano facilmente, conferendo al prodotto avariato un lezzo caratteristico immediatamente avvertibile.
Questi stessi grassi sono però utili per contenere
il tasso di colesterolo ematico e rappresentano anche dei fattori vitaminici essenziali per una dieta. Il contenuto in principi nutritivi dei pesci è in alcuni casi dipendente dalle fasi del ciclo ormonale, che incide enormemente sull'accumulo di materiale di riserva, soprattutto i grassi e sulla velocità con cui sono metabolizzati. Un esempio classico sono le anguille, che giungono nei luoghi di riproduzione ormai prive di riserve lipidiche.
I pericoli dell'inquinamento - Queste caratteristiche nutrizionali, che fanno dei pesci dei prodotti di primissima qualità, la cui diffusione dovrebbe essere stimolata, comporta anche degli enormi rischi di natura tossicologica dovuti all'uso scorretto delle risorse marine da parte degli uomini. La vastità del mare suggerisce infatti che qualsiasi sostanza possa in esso scomparire o almeno diluirsi enormemente: in realtà anche se la capacità rigenerativa degli oceani è notevole, la possibilità di inquinamento da rifiuti di ogni genere si rivela grandissima. L'inquinamento danneggia la fauna soprattutto in prossimità delle coste. Si sono già verificati, in Giappone, casi di intossicazione da mercurio che si accumula lentamente nel corpo dei pesci, i quali lo assorbono dall'acqua. Allo stesso modo nel corpo dei pesci continuano ad accumularsi altre sostanze nocive la cui decomposizione procede assai lentamente, ma che vengono indiscriminatamente prodotte, usate e scaricate nel mare. Un fatto curioso è che le correnti trasportano questi materiali nell'Oceano Antartico, da dove la catena alimentare ricomincia e li restituisce ai "legittimi proprietari"; nel caso del DDT la quantità già nell'ecosistema è notevole e i tempi necessari per il suo completo smaltimento sono lunghissimi; anche i pesticidi di nuova concezione determinano molto spesso un problema analogo. Un discorso a parte meritano le malattie che possono essere causate dall'ingestione di pesce. I pesci possono essere portatori essenzialmente del Diphillobothrium latum e del Vibrio paraemolithycus. Il primo è un parassita, paragonabile alla tenia o all'echinococco dei bovini e dei suini, che può infestare il pesce; il secondo è un microrganismo patogeno simile al batterio del colera. Entrambi vengono completamente eliminati con la normale cottura del pesce; dato che nel nostro paese il consumo di pesce crudo è pressoché inesistente, se mai si sono verificati casi sporadici, questi non hanno assolutamente comportato gravi conseguenze epidemiologiche. D'altra parte il sempre maggiore, e difficilmente controllabile, scambio commerciale con paesi tropicali ha portato all'introduzione sul mercato italiano di specie marine sconosciute nel nostro paese, che a volte vengono spacciate in modo fraudolento sotto falso nome. I pesci dei mari caldi sono spesso portatori di tossine che non sono presenti nei nostri climi, e che quindi si rivelano difficili da combattere efficacemente e con rapidità. Il problema può essere facilmente aggirato evitando l'acquisto di specie sconosciute o di dubbia provenienza.
La conservazione - Un problema di maggiore rilevanza ancora è la difficile conservazione del pesce. L'unico metodo efficace per contrastare l'azione distruttiva dei microrganismi che popolano la superficie esterna e l'aggressività degli enzimi proteolitici che deteriorano il pesce è la conservazione a basse o bassissime temperature.
Sulla possibilità di conservazione del pesce ha una forte incidenza anche il tipo di pesca praticato. I pesci provenienti da navigli che praticano la pesca a strascico sono normalmente soggetti ad un inquinamento batterico superficiale molto maggiore degli altri, perché vengono trascinati per ore sui fondali marini. I pesci che sono rimasti intrappolati nelle reti per lungo tempo hanno esaurito completamente le loro riserve di energia nello sforzo di liberarsi. Questo fatto rende le loro carni facilmente attaccabili dagli enzimi proteolitici, mandandole incontro ad una rapida decomposizione chimica.
Il mezzo di pesca più "igienico" sarebbe in teoria quello della pesca all'amo, durante la quale il pesce è sottoposto solo ad un breve sforzo e viene immediatamente estratto dall'acqua; d'altra parte questo non è certo un tipo di pesca praticabile su vasta scala. Una pratica molto simile viene usata in Giappone, con una lenza lunga vari chilometri, cui sono assicurati migliaia di ami con l'esca; il difetto di questo sistema è innanzitutto dovuto alla enorme quantità di manodopera richiesta e al lungo tempo comunque trascorso in acqua dagli esemplari catturati. Una volta pescato, il pesce è immediatamente attaccato da microrganismi ed enzimi che ne alterano in breve tempo la qualità, modificandone anche profondamente la consistenza. La via più efficace per ritardare questi fenomeni degradativi è l'utilizzazione di ghiaccio o di basse temperature, che rallentano, senza fermarle però, le reazioni chimiche indesiderate e in parallelo riducono moltissimo la velocità di crescita della popolazione microbica. I metodi usati in pratica sono numerosi e si differenziano a seconda della situazione nella quale vengono applicati. Tutti i navigli da pesca sono equipaggiati con macchine che fabbricano il ghiaccio direttamente dall'acqua di mare oppure salamoie refrigerate che permettono di raggiungere temperature sensibilmente inferiori agli zero gradi, grazie anche alle alte concentrazioni di anticongelanti presenti. Un metodo di conservazione molto efficace, perché protegge i grassi ossidabili dal contatto con l'ossigeno è quello della glassatura: il pesce viene ghiacciato all'interno di un sottile strato di ghiaccio. Una volta sbarcato il prodotto deve ancora essere mantenuto in stato di buona conservazione fino al raggiungimento del mercato di vendita e quindi del consumatore finale. A tale scopo può essere congelato o surgelato. Si parla di congelamento per il prodotto portato lentamente a temperature molto al di sotto degli zero gradi (da -15 a -30); mentre si chiama surgelazione il procedimento di raffreddamento rapido che consente la formazione di microcristalli di ghiaccio che non ledono le membrane cellulari, limitando così la perdita di principi nutritivi durante lo scongelamento. Questo secondo metodo, più dispendioso dal punto di vista energetico, dà i migliori risultati fornendo dei prodotti che sono in grado di mantenersi inalterati, o comunque in buono stato di conservazione, per parecchi mesi se la catena del freddo non viene mai interrotta. A tale riguardo è importante assicurarsi che i pesci nei banconi frigoriferi non superino il livello di altezza massimo riportato nell'interno di questi e che la "brina", la cui presenza indicherebbe un innalzamento della temperatura durante il periodo della conservazione, sia assente dalle confezioni.
Le frodi - Numerosissime sono le frodi escogitate per commerciare abusivamente del pesce deteriorato o in via di deterioramento.
Nei pesci di grande taglia si giunge perfino alla sostituzione degli occhi, che rappresentano uno degli elementi da cui più facilmente si risale all'effettivo stato di conservazione del pesce; è bene comunque guardarsi sempre dall'acquistare pesci che siano stati amputati di qualche parte del corpo: in particolare le branchie sono molto importanti per riconoscere la freschezza del prodotto. Altre truffe che possono essere tentate sono l'asportazione delle squame per nascondere la perdita di lucentezza e l'accompagnamento del prodotto con alghe per soffocare le esalazioni maleodoranti dei pesci in via di decomposizione che emanano un forte odore ammoniacale derivante dall'idrolisi di sostanze azotate particolari.
Costituisce una grave violazione della legge anche la immersione del pesce, in qualunque momento del trasporto, ed anche sulla nave da pesca, in ghiaccio cui siano stati aggiunti dei prodotti ad azione antibiotica. Questo per gli evidenti rischi che possono derivare all'uomo dall'ingestione di sostanze ad azione medicamentosa, quando non sia espressamente richiesto da una situazione patologica.
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