Il vino

wein

Bevanda alcolica fra le più antiche, di grandissimo interesse gastronomico, ha anche un elevato valore alimentare.
La storia di questa bevanda è incerta e confusa. In una tomba del XVI secolo a.C., situata nell'area mediorientale, sono visibili raffigurazioni di scene di vendemmia; intorno al 1000 a.C. il vino era diffuso in Grecia; veniva bevuto anche dai Romani, che avevano classificato il vino in tre qualità, in base alla diversa tecnologia di produzione. Il vino prodotto dai Greci e dai Romani era molto diverso da quello prodotto attualmente: era molto denso, liquoroso e sciropposo in quanto veniva lasciato al sole a concentrarsi in anfore di creta rivestite internamente di resine; talvolta erano aggiunte anche sostanze speziate o dolcificanti, come il miele. Tale vino non si beveva al naturale, ma veniva miscelato con acqua. Bisogna attendere fino al XVIII secolo perché si sviluppino tecnologie di produzione più simili alle nostre, ma solo in seguito, con Pasteur, si pongono le basi delle conoscenze scientifiche che sono servite come fondamento per lo sviluppo dei processi di vinificazione attuali.

Dall'uva al mosto - L'uva, che è il frutto della vite (Vìtis vinifera), è la materia prima per la produzione del vino. Durante la maturazione dell'uva gli acini in un primo tempo aumentano di volume, poi iniziano a cambiare colore, passando dal verde, tipico della clorofilla, a colori caratteristici per ciascuna varietà, dovuti a pigmenti colorati. In questa fase della maturazione la densità del succo aumenta in seguito alla sintesi degli zuccheri e diminuisce la sua acidità dovuta alla salificazione degli acidi liberi con potassio e calcio. La maturazione dell'uva si ritiene raggiunta quando si ha la massima quantità di zucchero e la minima di acidi. Questi parametri possono essere determinati per via organolettica: dall'aroma e dal sapore del succo, dalla consistenza degli acini e dalla facilità del loro distacco dal graspo. Esistono anche dei metodi non empirici per valutare il grado di maturazione dell'uva che consistono nel controllare la variazione del contenuto zuccherino e degli acidi mediante analisi effettuate sul succo d'uva a brevi intervalli di tempo. Con questi dati si determina un indice di maturazione che rappresenta il rapporto percentuale del contenuto in zuccheri e in acidi liberi (espressi come acido tartarico); tale rapporto può essere calcolato per ciascuna varietà di uva, e rappresenta un punto di riferimento per le annate successive, L'uva matura viene raccolta e selezionata, eliminando le uve ammuffite o immature che possono provocare una errata fermentazione, A questo punto si effettua, per compressione o schiacciamento, l'ammostatura o pigiatura delle uve che provoca la fuoriuscita del succo dagli acini; un tempo effettuata con i piedi, viene oggi eseguita con macchine pigiatrici che possono essere anche abbinate a diraspatrici (che allontanano i graspi). in taluni casi l'allontanamento dei graspi può essere
conveniente, ad esempio nel caso di uve che richiedono prolungata fermentazione, oppure per uve destinate alla produzione di vini non aspri o liquoroso aromatici, in quanto la presenza dei graspi crea particolari condizioni durante la fermentazione e modifica la composizione del mosto arricchendolo in acidi organici, sali minerali e tannini.
Uno schema generale di vinificazione è il seguente: dalla pigiatura si ottiene il mosto che viene fatto fermentare con un processo denominato "fermentazione tumultuosa"; in seguito si effettua l'operazione di svinatura che elimina il residuo solido (vinacce) dal liquido, detto "vino fiore", che viene poi fatto ulteriormente fermentare con la cosiddetta "fermentazione lenta"; si ottiene così il vino giovane. Quest'ultimo può subire ulteriori trasformazioni; in tal caso si ottiene il vino maturo, o sottoposto a invecchiamento per la produzione di vino invecchiato. Questo schema può essere in realtà molto più complesso a seconda delle caratteristiche dell'uva e del vino che si vuol produrre.

La fermentazione del mosto - La composizione chimica del mosto è la seguente: acqua (68-88%), zuccheri, sotto forma di glucosio e fruttosio (14-25%), acidi organici, sostanze azotate e minerali in quantità variabili. La sua composizione comunque non è costante, poiché l'uva non presenta sempre le stesse caratteristiche. Si possono ottenere uve diverse dalla stessa vite da un'annata all'altra, a seconda dell'andamento della stagione, dell'eventuale attacco dei parassiti, del grado di maturazione e altre numerose variabili. Quando si presentano tali differenze bisogna procedere alla correzione dei mosti, specialmente se quel determinato vino si è affermato sul mercato. In ogni caso si richiede un prodotto dalle caratteristiche costanti che definiscono e contraddistinguono il vino tipico di una determinata regione. Le disposizioni di legge inoltre proibiscono la vendita di vini che non possiedano la minima gradazione alcolica complessiva di 8°. Gli zuccheri presenti nel mosto, che durante la fermentazione vengono trasformati in alcol, possono essere presenti in quantità eccessive oppure insufficienti. L'uva proveniente da Paesi a clima caldo contiene facilmente troppi zuccheri, in tal caso bisogna ridurne la quantità in eccesso, che rallenterebbe la fermentazione. Uno dei metodi più utilizzati è quello di miscelare tali uve con uve contenenti poco zucchero, oppure con uve raccolte ancora immature. Con maggior frequenza si presenta il problema di uva che non raggiunge la quantità sufficiente di zucchero per produrre il valore minimo di alcol richiesto per il vino. L'aggiunta di zucchero nei vini è proibita dalla legge, ed è consentita solo per certi vini speciali (spumanti, vermouth, vini liquorosi), pertanto si ricorre a mezzi fisici, come la concentrazione a freddo del mosto con eliminazione di parte dell'acqua o ad aggiunte di mosto concentrato o di mosti zuccherini.
La concentrazione a freddo consiste nel raffreddare il mosto a temperature inferiori a - 10°C e nel separare parte del ghiaccio formatosi. Un altro elemento per cui si ricorre alla correzione è costituito dagli acidi organici (tartarico, malico, succinico, citrico) che possono essere presenti in quantità eccessive, soprattutto in uve contenenti pochi zuccheri e possono essere allontanati con mezzi chimici (carbonato di calcio e altri permessi dalla legge) o con mezzi fisici, tramite refrigerazione (il bitartrato di potassio in seguito all'abbassamento della temperatura precipita diminuendo così l'acidità del vino). Viceversa, se gli acidi organici non sono presenti in quantità sufficienti (uve contenenti molti zuccheri) è necessario aggiungerne al mosto; l'aggiunta è consentita dalla legge solo per acido tartarico e citrico e in quantità non superiori per l'acido tartarico a 1,5 g/l e per l'acido citrico all' 1 %. Un'ulteriore correzione è l'eliminazione di parte dei tannini che possono impartire sapori sgradevoli al vino. La fermentazione del mosto viene effettuata nei vasi vinari, in tini di legno (rovere o castagno) o in vasche di cemento armato. I mosti possono essere solfitati con anidride solforosa (SO2) gassosa o con i suoi sali (metabisolfito o disolfito) in quantità corrispondenti a un limite massimo di 200mg/l (una parte della SO2 si lega agli zuccheri, ma viene poi liberata durante la fermentazione). Lo scopo di questa aggiunta è quello di ostacolare l'attività microbica non utile alla vinificazione. La fermentazione del mosto, che rappresenta la fase principale della vinificazione, provoca la trasformazione degli zuccheri in alcol e anidride carbonica, con formazione di glicerina e piccole quantità di acido acetico, 2, 3-butilenglicol, acetilmetilcarbinolo dovute a fermentazioni secondarie che avvengono contemporaneamente a quella alcolica. Le proteine vengono scisse in aminoacidi e alcuni di questi composti danno origine ad alcoli vari, come propilico, butilico, amilico, isoamilico ecc., che contribuiscono a impartire sapore e aroma al prodotto. La fermentazione del mosto avviene in seguito alla crescita dei microrganismi presenti naturalmente sugli acini e che durante la pigiatura vengono a contatto con il succo. I microrganismi presenti all'origine sono svariati, ma la solfitazione, la produzione di alcol e di anidride carbonica permettono solo ad alcune specie di svilupparsi. Questa fase della fermentazione detta "tumultuosa" avviene principalmente in seguito all'azione di alcuni lieviti appartenenti ai generi Saccharomyces ellipsoideus, pastorianus e apiculatus. Questa fermentazione dura normalmente una settimana e deve essere condotta in un ambiente a una temperatura compresa tra i 17-20° C. Temperature più basse rallentano la fermentazione e temperature più alte permettono lo sviluppo di specie microbiche dannose alla fermentazione.

La fermentazione tumultuosa - La fermentazione del mosto può essere condotta con due differenti sistemi: la vinificazione «in bianco» e la vinificazione con macerazione o «in rosso». Nella vinificazione in bianco si effettua la fermentazione in assenza di vinacce (costituite da bucce e vinaccioli) e si producono vini rosati da uve colorate e vini paglierini o verdolini da uve bianche. Generalmente la fermentazione di tali vini è piuttosto lenta e i prodotti che si ottengono sono fini, con scarsa acidità volatile e profumo gradito. Nella vinificazione con macerazione invece le vinacce vengono lasciate a contatto del mosto; si ottengono così vini rossi da uve colorate e vini gialli o ambrati da uve bianche. Per ottenere vini intensamente colorati evitando la macerazione si può ricorrere alla termovinificazione che consiste nel riscaldare l'uva già pigiata con le vinacce alla temperatura di 60-70°C per facilitare il passaggio del colore dalle bucce al vino. La prima fase della fermentazione è tumultuosa con produzione di anidride carbonica che porta in superficie le vinacce, riempendo la parte superiore del tino che è coperto (con una chiusura non ermetica per permettere al gas di allontanarsi), onde evitare lo sviluppo di malattie in seguito al contatto dell'aria con il liquido fermentabile. Le vinacce che si portano in superficie costituiscono il cosiddetto "cappello" in cui si trovano la maggior parte delle colonie di lieviti. Se il cappello viene lasciato in superficie si ha una fermentazione a "cappello emerso"; in tal caso bisogna procedere alla "follatura" che consiste nell'agitare la massa con aria compressa per distribuire i lieviti trattenuti nel cappello e per dare, con l'aria, una nuova vitalità ai microrganismi. In sostituzione della follatura si può ricorrere al "rimontaggio" che consiste nello spillare il mosto dal fondo del tino e riversarlo nella parte superiore. Il cappello può anche essere mantenuto immerso nel liquido mediante diaframmi forati; in tal caso si ha la fermentazione a "cappello sommerso". La scelta del tipo di fermentazione, a cappello emerso o sommerso entrambi ugualmente convenienti, dipende da diversi fattori fra cui gli impianti a disposizione e l'opinione del produttore. Con tempi di fermentazione diversi si producono vini più fini e delicati per tempi brevi, molto colorati e ricchi di sostanze tanniche per tempi più lunghi.

La fermentazione lenta - Terminata la fermentazione tumultuosa si passa all'operazione detta "svinatura", che consiste nel separare dalle vinacce il liquido fermentato. Una separazione rapida e completa si ottiene con macchine sgrondatrici, che sono sostanzialmente delle centrifughe. Si ottiene così il cosiddetto vino fiore che deve subire un'ulteriore fermentazione detta "lenta". Questa operazione viene effettuata dai microrganismi ancora presenti, ma è più lenta a causa del loro numero ridotto dovuto alla presenza di alcol. Durante questa fase lo zucchero ancora presente viene trasformato in alcol, l'acidità viene ridotta ulteriormente rendendo morbidi i vini aspri, e si ha la sedimentazione delle particelle sospese e del cremortartaro (meno solubile in presenza di quantitativi sempre più elevati di alcol) che si depositano sul fondo delle botti e costituiscono le "fecce" che è opportuno allontanare per evitare lo sviluppo di odori e sapori sgradevoli nel vino. Questa operazione avviene tramite una serie di travasi in botti ben pulite: generalmente si effettuano tre travasi in un anno, a dicembre, a marzo, a settembre. Nel corso di questa fase della fermentazione si ha una
riduzione del volume di liquido, causata da un abbassamento della temperatura (che però non deve scendere al di sotto di 15°C perché la trasformazione degli zuccheri sia completa) dovuto alla fermentazione più lenta e si rende necessaria l'aggiunta di altro vino, della stessa qualità o con composizione simile, per colmare lo spazio vuoto del tino. Tale spazio può essere anche riempito con anidride solforosa o meglio ancora con anidride carbonica o azoto.
Il vino così ottenuto è il vino giovane che può già essere posto in commercio.

L'invecchiamento del vino - Il vino può essere sottoposto a invecchiamento naturale o artificiale. Un vino vecchio si distingue nettamente da un vino giovane per diversi elementi, tra i quali: il colore, che nei vini rossi passa da un rosso-violaceo a un rosso arancione; la perdita, in seguito a precipitazione,
delle sostanze tanniche che rendono il vino vecchio morbido e vellutato; l'acidità che diminuisce per la trasformazione dell'acido malico in lattico e per la precipitazione di cremortartaro; l'aumento dell'acidità volatile (acetico, lattico e acidi superiori come propionico ecc.); inoltre l'alcol subisce in parte un fenomeno di aldeidificazione e un'ulteriore ossidazione ad acetale. Durante l'invecchiamento non solo si trasformano i costituenti originali del vino, ma se ne formano di nuovi in seguito alla combinazione dei prodotti trasformati. Principali agenti di queste trasformazioni sono l'ossigeno, che durante il travaso viene assorbito dal vino, e la temperatura della cantina d'invecchiamento, che deve essere costante tra i 10-12°C. Non si può stabilire una durata media di invecchiamento valida per tutti i vini: alcuni dopo due anni raggiungono le loro migliori caratteristiche, altri le mantengono per un ventennio. Si ricordi che i vini bianchi non sopportano un invecchiamento superiore ai 2-3 anni. I vini che migliorano sempre più per un lungo invecchiamento sono quelli ad alta gradazione alcolica come il vermouth, il marsala e i vini liquorosi speciali. In questi casi il primo invecchiamento deve avvenire in botti di legno pregiato, la seconda fase anche in bottiglia. A volte si conservano bottiglie per molti anni nella speranza di esaltare i caratteri organolettici del vino, ma spesso si ottengono risultati deludenti: stappando bottiglie di una cinquantina d'anni di età si può trovare un vino snervato, con sapore indefinito, scolorito e senza vitalità. È un errore prolungare l'invecchiamento del vino a date cosiddette storiche, perché le sue qualità, per effetto dell'invecchiamento oltre il limite consentito, si alterano e deperiscono. Esiste anche un invecchiamento artificiale rapido, che viene realizzato mediante l'ozonizzazione, l'elettrizzazione, l'azione dei raggi ultravioletti, e trattamenti termici caldi e freddi; ma i risultati sono piuttosto scadenti e i vini così invecchiati mancano di finezza. Per la stabilizzazione del vino si può ricorrere alla pastorizzazione, che può essere condotta per pochi secondi a 85-100°C; per vini dolci e spumanti si può effettuare una pastorizzazione a bagnomaria a bassa temperatura 40-45°C. Altri trattamenti vengono effettuati per migliorare il vino, tra cui la chiarificazione per renderlo limpido e per eliminare componenti che potrebbero intorbidare il prodotto e la filtrazione che può avere anche una funzione sterilizzante. Le vinacce, che si ottengono dalla lavorazione del vino, possono essere utilizzate in vari modi, per la torchiatura, per la preparazione di vinelli e di alcol, per la rifermentazione, per la produzione di aceto, di enocianina e di cremortartaro, per la preparazione di pannelli destinati al bestiame e per separare i vinaccioli da cui si estrae l'olio. Le vinacce vengono torchiate e il vino estratto viene detto torchiato; tanto maggiore è la pressione utilizzata per ottenerlo tanto più le sue caratteristiche si allontanano da quelle del vino fiore. Generalmente è più aspro, più colorato, più ricco in estratti, ceneri, tannini, acidi ed estratti delle vinacce. Può essere torchiato una seconda volta, con pressioni più elevate: in questo caso il vino è molto meno alcolico e contiene più che altro l'acqua residua. In genere, viene separato dal resto della produzione o lo si mescola con vini di seconda qualità. La produzione di vinello si ottiene facendo fermentare le vinacce con acqua. La sua produzione deve avvenire in locali non comunicanti con quelli ove si produce il vino. Le vinacce addizionate di acqua e sottoposte a distillazione forniscono un alcol impuro con una gradazione di 50-70°C.

Le alterazioni dei vini - Le alterazioni dei vini possono derivare da inquinamenti o da impiego di materiali non idonei. I difetti di odore e sapore possono dipendere da una scarsa manutenzione dei vasi vinari (sapore di secco, di muffa, di calce ecc.), oppure da incuria nelle operazioni di vinificazione (sapore di feccia, odore di zolfo ecc.). I difetti che alterano l'aspetto del vino consistono generalmente in intorbidamenti più o meno intensi e in una modificazione del colore; sono chiamati "casse" e i più diffusi sono i seguenti: Casse ossidasica, i vini bianchi si presentano ambrati, i vini rossi appaiono di colore bruno; Casse ferrica, dovuta a un eccesso di ferro, può essere blu o bianca; Casse rameica, dovuta alla presenza di rame; Casse tartarica, per deposizione sulle pareti dei recipienti di tartaro di calcio. I difetti si eliminano sottoponendo il vino ad abbondante aerazione: i sali precipitano e vengono eliminati per filtrazione. I microrganismi possono provocare diverse malattie nel vino. Tra le alterazioni più conosciute il "fiore" o "fioretta", che si può avere nei vini poveri di alcol, si manifesta con la comparsa di un velo bianco sulla superficie del liquido dovuto alla crescita del Mycoderma vini che, in presenza di ossigeno, ossida l'alcol ad anidride carbonica. Quando il contenuto in alcol diminuisce, si possono instaurare anche altre alterazioni, in particolare lo "spunto" e l'"acescenza" dovute all'azione del Mycoderma aceti, che provocano la trasformazione dell'alcol in aceto. Nel vino "girato" sono presenti numerosi microrganismi che decompongono l'acido tartarico con formazione di acido acetico e propionico, con incremento dell'acidità volatile rispetto a quella fissa. La "fermentazione mannitica" o "agrodolce" colpisce i vini poco acidi, che di conseguenza presentano odori sgradevoli, sapore dolciastro, nauseante, agro. In questi casi il vino può essere utilizzato solo come materia prima nelle distillerie. "L'amaro" è una malattia che si verifica nei vini vecchi, ed è opera del Bacillus amaracrylus, che impartisce al vino un sapore amaro. Il vino "filante" è un'alterazione dei vini bianchi a carico degli zuccheri che vengono trasformati in un polisaccaride gommoso. Se l'alterazione non è troppo avanzata, i vini possono essere risanati con anidride solforosa, chiarificati e quindi pastorizzati.




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