Il cacao

cocoa

È un alimento superenergetico con proprietà eccitanti dovute al contenuto di sostanze nervine, soprattutto di teobromina. Il cacao alimentare, commerciato oggi in tutto il mondo, deriva dalla macinazione dei semi della pianta di cacao (Theobroma cacao), appartenente alla famiglia delle Sterculiacee. I suoi frutti ricordano nella forma il comune cetriolo: immersi nella polpa si trovano i semi delle dimensioni di un fagiolo, molto ricchi in lipidi (46%), con un buon contenuto in amido (23%) e in proteine (14%) e una dose rilevante di basi azotate, tra cui la caffeina e soprattutto la teobromina, che da sola rappresenta l'1,4% del peso del seme greggio. Queste due sostanze conferiscono al cacao la caratteristica di alimento nervino, accomunandolo in questo senso al tè e al caffè, dai quali si distingue però per il suo valore alimentare decisamente più rilevante.

Il cacao e le sue origini - Benché il nome botanico della pianta, Theobroma, che significa "cibo degli dei" abbia origini recenti, essendo stato coniato nel XVIII secolo da Charles de Linne, l'albero del cacao affonda... le sue radici nella preistoria dell'America equatoriale, nelle cui foreste tropicali cresceva spontaneamente. L'inizio della coltivazione risale però all'epoca precolombiana ed è da attribuire al popolo maya, che in poco tempo ne incrementò la produzione; solo allora, infatti, venne scoperto e subito apprezzato l'aroma dei semi di cacao tostati, precedentemente scartati, a favore della polpa lattiginosa e tenera del frutto. Ciò rivoluzionò addirittura i sistemi di pagamento; infatti i sovrani maya iniziarono a pretendere che i loro sudditi pagassero le imposte coi grani di cacao, abitudine peraltro in uso anche presso gli Aztechi del Messico, finché più tardi questi preziosi semi divennero
moneta corrente; prova ne è il fatto che, prima della classificazione di Limneo, il nome latino del cacao era Amygdala pecuniaria, che significa appunto "mandorla monetaria". Il cacao era allora usato per preparare una bevanda, antenata dell'odierna cioccolata, ottenuta macinando i semi tostati e sbattendo la pasta di cacao con acqua bollente, fino a farla schiumare fortemente. Questa bevanda, spesso arricchita dagli indigeni con cannella, ambra, pepe o miele, fu parzialmente modificata dagli Spagnoli, che, insediatisi agli inizi del '500 nel Nuovo Mondo, ne migliorarono il gusto aggiungendole lo zucchero di canna, da poco coltivato nelle terre conquistate. Dobbiamo proprio agli Spagnoli il merito di avere introdotto in Europa il cacao e lanciato la "moda del cioccolato", inizialmente seguita dall'elite spagnola, ma divulgatasi ben presto nelle altre corti d'Europa. Il nome cioccolato compare infatti nel '500, insieme alla nuova bevanda, coniato probabilmente dagli Spagnoli dal nome azteco della bevanda originaria "tchoco" e della pianta di cacao "cacahuatl'. In Italia, con l'invasione spagnola, il consumo del cioccolato cominciò ad allargarsi ai ceti minori, mentre Torino si avviava a diventare il centro della produzione cioccolatiera italiana. Inizialmente si vendeva al dettaglio nelle drogherie sempre come bevanda; fu solo agli inizi dell'800 che nacque il cioccolato solido. In Italia comparvero le prime pastiglie di cioccolato aromatizzato, i "diablotin" e più tardi i "givu", destinati a diventare gli odierni gianduiotti. Parallelamente allo sviluppo della produzione cioccolatiera, si affinavano le tecniche di lavorazione, a partire dai trattamenti sulla materia prima: il cacao. Fu proprio nel 1800 infatti che un farmacista olandese mise a punto un metodo efficace per sgrassare il cacao, ottenendo da un lato un grasso bianco, purissimo, che prese il nome di burro di cacao, e dall'altro una polvere di facile sospensione nei liquidi (l'odierno cacao in polvere) ; per ottenerli bastava trattare la pasta di cacao con alcali e sottoporla a pressatura.. Mentre il cacao in polvere migliorava la preparazione della bevanda, il burro cominciò ad essere impiegato nell'industria per la preparazione del cioccolato in tavolette, sfruttando il suo alto punto di fusione (32°C) per produrre il cioccolato di copertura. L'industria del cioccolato è andata via via fiorendo ed oggi la produzione è tale che tutto il cacao disponibile sul mercato viene esaurito, benché le coltivazioni si siano diffuse anche in Centro Africa ed in Asia. Se pensiamo inoltre che il 90% del cacao prodotto viene assorbito dall'Europa e dal Nord America, con l'aumento di richiesta da parte dei paesi in via di sviluppo, il cacao potrebbe ben presto ritornare un prodotto d'élite.
Tecnologia di produzione - Oggi in commercio ci sono vari tipi di cacao in polvere che si distinguono per il diverso contenuto lipidico e glucidico. Fisso restando il tipo di seme utilizzato, le differenze dipendono essenzialmente dal processo più o meno spinto di delipidizzazione e dalle aggiunte di saccarosio eventualmente effettuate. In ogni caso, il processo di produzione, almeno nei primi stadi, è comune a tutte le polveri.
I semi subiscono una fermentazione che conferisce loro un sapore aromatico, meno amaro e meno astringente, e il colore rossastro tipico delle polveri in commercio. Per omogeneizzarne il colore, i semi vengono interrati nell'argilla ed infine essiccati, privati delle sostanze estranee e calibrati. Dopo la torrefazione e la sgusciatura si procede alla cosiddetta solubilizzazione, trattando i semi con alcali a 70°C per 48 ore, in modo che l'amido gelatinizzi e si neutralizzino gli acidi presenti, dopo di che si riessiccano'e si macinano. La pressatura della pasta ottenuta fornisce il burro di cacao, oggi ampiamente utilizzato anche in campo farmaceutico e cosmetico. I pannelli residui forniscono, dopo sgretolamento e polverizzazione, la polvere di cacao amaro, pronta per essere confezionata, che dovrà contenere non più del 9% di acqua e non meno del 20% di burro sul secco. Miscelando la polvere di cacao con zucchero finemente polverizzato, si ottiene invece il cacao dolce: 100 g devono contenere almeno 32 g di cacao amaro intero o sgrassato, a seconda del tipo. Per uso prevalentemente industriale si preparano inoltre delle polveri di cacao dietetiche, il cui valore nutritivo è esaltato dalla presenza di malto, uova, latte in polvere eccetera.
Purtroppo, proprio per la sua natura, il cacao in polvere si presta a facili adulterazioni, che consistono in aggiunte di castagne e gusci di cacao polverizzati, destrine e farine varie, che ne alterano la composizione chimica e l'aspetto microscopico.

Dal cacao al cioccolato - La fase caratteristica di trasformazione di cacao in cioccolato consiste nella miscelazione della polvere di cacao con lo zucchero, effettuata oggi in speciali gramole, dette "melangeurs", costituite da un piatto rotante lentamente riscaldato a 30-40°C, su cui ruotano in direzione opposta due pesanti dischi di granito; ne deriva un impasto omogeneo per azione meccanica e termica, che permette la fusione del grasso presente nel cacao o aggiunto alla miscela, la quale normalmente contiene vari tipi di cacao, per garantire un prodotto con caratteristiche determinate. Dopo un periodo di sosta di uno o due giorni in appositi recipienti, si completa l'omogeneizzazione in raffinatrici, costituite da laminatoi a cilindri di materiale durissimo, in numero di tre per il cioccolato comune e di cinque per i cioccolati fini. A questo punto l'impasto può essere direttamente raffreddato e modellato per ottenere un cioccolato dolce corrente, oppure ulteriormente trattato, per produrre i cioccolati speciali. Infatti, per i cioccolati al latte, alla frutta o con carattere fondente, occorre un ulteriore trattamento tecnico e meccanico in vasche dette "conches", dove la massa è agitata a temperature varianti dai 40 agli 80°C. Le quantità degli ingredienti di una miscela base variano entro limiti abbastanza ampi: 20-50% per il cacao, 40-65% per lo zucchero, 18-30% per il burro di cacao. Aggiungendo a questa miscela latte condensato o in polvere, si ottiene il cioccolato al latte che, in base alla composizione, si distingue in:
- cioccolato comune, contenente il 20% di sostanza secca derivata da cacao e latte;
- cioccolato al latte vero e proprio, con il 25% di cacao sul secco, il 14% di sostanza secca derivante dal latte e il 3,5% di grasso di latte (acido butirrico);
- cioccolato superiore, in cui la sostanza secca deriva per il 30% dal cacao, per il 18% dal latte e per il 4,5% dal grasso di latte.
L'impasto può essere ulteriormente arricchito con frutta secca, macinata o in pezzi; un esempio tradizionale è il cioccolato "gianduia", che contiene dal 20 al 40% di nocciole finemente triturate e può essere addizionato di mandorle, nocciole e noci, intere o in pezzi, in modo che il peso della frutta secca, compreso il macinato, non superi il 60% del peso del prodotto.
Trattando invece ad 80°C l'impasto base già omogeneizzato e raffinato, si ottiene il cioccolato fondente,
usato spesso in pasticceria, e disponibile sul mercato in tre versioni a seconda del contenuto in cacao e burro di cacao; si distinguono infatti il fondente comune (30% cacao, 18% burro sul secco), il fondente di qualità (43% cacao, 26% burro sul secco) e il fondente extra (45% cacao, 28% burro sul secco). Oltre il cioccolato solido, si trovano in commercio le creme di cioccolato, usate per lo più come companatico per le merende dei bambini. La "nutella", che è senz'altro la più conosciuta, è formata da una miscela di zucchero (50%), cacao magro (8%), grassi vegetali (19,7%) e nocciole (13%), cui vengono aggiunte le lecitine come emulsionanti e degli aromi naturali.

Valore nutritivo - Il cacao in polvere, oltre al 20-22% in lipidi, per lo più rappresentati da acidi grassi insaturi, tra cui prevalente è lo stearico, contiene un 42-45% di glucidi, che ne aumentano ulteriormente il valore energetico (350 cal./100 g) e un 18-20% di protidi, che gli conferiscono un certo potere nutrizionale. La teobromina che, come abbiamo già notato, ha proprietà eccitanti, è presente in ragione del 2,5%, per cui non è prudente esagerare nelle dosi giornaliere di cioccolato, specie nei bambini di età inferiore ai 10 anni. Un altro valido motivo per cui è bene limitare l'assunzione di cacao e derivati, specie negli adolescenti, è la presenza nel cacao degli acidi ossalico e fitico, che formano composti insolubili con minerali quali il calcio, il magnesio e il ferro, sottraendoli alla dieta quotidiana. Se pensiamo che già la normale dieta dell'uomo è ricca in fosforo e povera in calcio e ferro, seguire questo consiglio diventa un obbligo. L'accoppiata eccitante-energetico fa comunque del cacao e a maggior ragione del cioccolato (550 cal/ 100 g) un alimento adatto in casi di affaticamento fisico e psichico e perciò consigliato, in dosi controllate, ai ragazzi in età scolare e anche agli sportivi, che abbisognano di sostanze energetiche di pronto effetto che non appesantiscano lo stomaco. Benché cacao e cioccolato siano stati imputati di scatenare processi infiammatori, non esiste in dietetica una spiegazione a questo pregiudizio, mentre è scientificamente provata la loro natura di sostanze allergizzanti. Infatti, alcune proteine vegetali, per la presenza di sostanze tanniche, non vengono demolite completamente ad aminoacidi e il conseguente assorbimento di polipeptidi e peptoni può scatenare il fatto allergico. In taluni soggetti, inoltre, il tannino può anche provocare stitichezza.
Per l'elevato apporto energetico il cioccolato è decisamente sconsigliato agli obesi o, comunque, a tutti coloro che abbiano una certa tendenza ad ingrassare; inoltre, per il suo contenuto lipidico, non è indicato ai sofferenti di colecistite, che digeriscono e assorbono con difficoltà i grassi.




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